Siamo arrivati al momento delle classifiche di fine anno. Il 2019 è stato molto interessante in ambito musicale, sicuramente superiore al 2018. È uscito un capolavoro, Ghosteen di Nick Cave, ma sono stati pubblicati anche dischi importanti come When we all fall asleep, where do we go? di Billie Eilish, un esordio pop davvero sorprendente, e Grey area di Little Simz, la conferma di un talento importante nell’hip hop britannico. E sono arrivate delle piacevoli conferme da parte di Tyler, The Creator, Lana Del Rey e Thom Yorke.

Quest’anno le mie liste dei migliori album saranno due. La prima, quella degli stranieri, oggi. La seconda, quella degli italiani, sarà pubblicata tra una settimana. Ecco la prima. Più sotto trovate la playlist di Spotify con due brani estratti da ogni album.

1. Nick Cave, Ghosteen
Ghosteen è un’opera catartica e universale sull’elaborazione del lutto, frutto delle riflessioni fatte da Nick Cave dopo la morte di suo figlio Arthur. È il definitivo compimento del percorso che ha portato il cantautore australiano ad abbandonare la forma canzone tipica del rock e del blues e ad approdare verso altri lidi. Gli arrangiamenti si avvicinano alla musica ambient e alle colonne sonore, anche per merito del suo braccio destro Warren Ellis, il nuovo Mick Harvey. Eppure in questa evoluzione Cave non ha perso per strada quello che lo rende unico: la capacità di scrivere melodie e testi incredibili. Ghosteen è uscito da poco, eppure sembra già un classico.
Brani chiave: Sun forest, Ghosteen

2. Little Simz, Grey area
Il 2019 è stato l’anno del rap britannico: dal Regno Unito sono arrivati parecchi dischi hip hop di alto livello, da Aj Tracey a Slowthai. Ma il migliore è stato quello di Little Simz, al secolo Simbiatu Abisola Abiola Ajikawo, artista londinese di origini nigeriane. Con Grey area, il suo terzo lavoro, Little Simz ha trovato finalmente la maturità artistica. Il suo flow era già di alto livello nei lavori precedenti, ma le mancava la quadra dal punto di vista compositivo che ha trovato in questa occasione. Da giovane promessa a concreta realtà.
Brani chiave: Offence, Venom

3. Billie Eilish, When we all fall asleep, where do we go?
Il primo album di Billie Eilish ha dato una bella scossa alle regole del pop. Eilish ha solo 18 anni, eppure nel suo modo di scrivere e cantare si annida una cupezza antica, che sembra quella di una donna molto più grande di lei. Lavora in modo impeccabile con gli effetti vocali e gli arrangiamenti, anche grazie al contributo del fratello Finneas O’Connell, suo collaboratore inseparabile. Billie Eilish appassiona gli adolescenti e incuriosisce gli adulti. Oggi nessuno fa pop come lei.
Brani chiave: Bad guy, Xanny

4. Tyler The Creator, Igor
Il racconto di una storia d’amore travagliata, dall’inizio alla fine: Igor è il disco meno rap di Tyler, The Creator, quello più intimo e sentimentale. Ha uno strano retrogusto di soul anni ottanta e appassiona dal primo all’ultimo brano. Il rapper di Los Angeles si conferma come una delle voci più eclettiche e originali della musica nera statunitense.
Brani chiave: Earfquake, A boy is a gun

5. Lana Del Rey, Norman fucking Rockwell!
Lana Del Rey è un’autrice pop sottovalutata. In questi anni le sue pose da diva nichilista hanno distratto la critica e il pubblico. E molti, sia tra il pubblico sia tra gli addetti ai lavori, si sono dimenticati della sua capacità di scrivere grandi canzoni. Norman fucking Rockwell!, composto e arrangiato insieme al super produttore Jack Antonoff, è un gran bel promemoria sbattuto in faccia ai detrattori. Pescate una canzone a caso in mezzo al mazzo, verrà fuori un singolo.
Brani chiave: Mariners apartment complex, Venice bitch

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6. Tinariwen, Amadjar
Il disco più bello della carriera dei Tinariwen è stato registrato durante un road trip nell’Africa nordoccidentale con destinazione Nouakchott, in Mauritania, dentro uno studio mobile allestito su un camper. È il loro disco più libero e rilassato, anche se non manca la nostalgia per la patria dove non possono tornare, il Mali. Le chitarre vanno a briglia sciolta, ed è una gioia per le orecchie.
Brani chiave: Amalouna, Kel tinawen

7. The Comet Is Coming, Trust in the lifeforce of the deep mystery
Il sassofonista Shabaka Hutchings sta facendo fuoco e fiamme nella musica britannica: dopo i progetti Shabaka and the Ancestors e Sons of Kemet ha piazzato la zampata definitiva con i The Comet is Coming, creatura ibrida tra jazz ed elettronica. Insieme al tastierista Dan Leavers e al batterista Max Hallett ha creato un trio molto interessante, che mescola atmosfere afrofuturiste a derive funk e rock. E dal vivo sono incredibili.
Brani chiave: Summon the fire, Blood of the past

8. Kanye West, Jesus is King
Sull’ego di Kanye West si potrebbero scrivere dei libri, così come sull’imprevedibilità del suo talento. Jesus is king è l’ennesimo capitolo della parabola di questo rapper e arrangiatore fuori dagli schemi, l’ennesima prova della sua bravura. È un album presentato come una raccolta di brani gospel, ma non lo è, è un disco di Kanye West dove il suo ego e la sua malattia mentale vengono filtrati attraverso la lente religiosa. Kanye West del resto si crede dio, non ne ha mai fatto mistero. La differenza tra lui e gli altri è che lui può permetterselo.
Brani chiave: On God, Closed on sunday

9. Big Thief, U.F.O.F.
Il folk psichedelico dei Big Thief è una delle cose più belle successe nel 2019. La band statunitense guidata dalla cantante e chitarrista Adrianne Lenker, capace di una scrittura tanto cruda quanto poetica, ha pubblicato due dischi in un anno. Gli ufo di cui parlano queste canzoni non sono necessariamente gli extraterrestri, ma il diverso, l’altro. Come ha dichiarato Lenker: “Fare amicizia con l’ignoto. Tutte le mie canzoni parlano di questo”.
Brani chiave: UFOF, From

10. Thom Yorke, Anima
Ad anni di distanza da The eraser, Thom Yorke ha pubblicato un altro album solista che regge il confronto con i dischi della sua band, i Radiohead. Anima è un cupo sogno distopico ispirato alle teorie dell’inconscio di Jung nel quale tornano anche alcuni temi cari al cantante di Oxford: il rapporto con la tecnologia, la nevrosi della vita metropolitana e la politica. E poi c’è Dawn chorus, una ballata per sintetizzatore e voce che ti fa a pezzi il cuore.
Brani chiave: Dawn chorus, The axe

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