Costano troppo, rallentano il lavoro, appartengono a un’altra epoca: i copy editor non servono più. Almeno al New York Times. Lo hanno annunciato il direttore Dean Baquet e il managing editor Joseph Kahn in una nota diffusa il 31 maggio: “Ogni giorno il New York Times produce gli articoli più curati del mondo. È un prodigio di ambizione, disciplina e accuratezza. Ma il settore dell’informazione sta cambiando, e molti di noi si sono convinti che ci sono troppi passaggi nel nostro metodo di lavoro, troppi editor che rivedono gli stessi articoli, soprattutto nell’ordinaria copertura delle notizie. Questo sistema è un residuo di un’organizzazione a catena di montaggio ereditata dalla redazione di un giornale di carta, strutturata in base ai tempi dettati dalla tipografia. È costoso e ci rallenta”.
Il sistema di revisione dei testi sarà snellito per adattarlo alle esigenze della pubblicazione online: gli editor saranno anche copy editor e si occuperanno di ogni aspetto della produzione degli articoli, dall’idea iniziale al testo pronto per la pubblicazione. Un secondo editor rileggerà il pezzo un’ultima volta per individuare eventuali incongruenze.
I soldi risparmiati grazie ai tagli al dipartimento dei copy editor permetteranno al quotidiano di assumere nuovi giornalisti: “Il nostro obiettivo è spostare decisamente l’equilibrio a favore dei reporter, in modo da avere un numero senza precedenti di giornalisti sul campo che lavorano a pezzi originali”.
Il New York Times non è il primo quotidiano statunitense che sacrifica i copy editor per far fronte alla crisi
Non è un cambiamento da poco per un giornale che si è sempre vantato del suo impegno nella cura dei testi. E non è una notizia da poco per i copy editor di Internazionale, che hanno sempre considerato il New York Times un modello di correttezza e rigore e che tutte le settimane rileggono sulla carta le pagine del loro giornale armati di matita e penna rossa. Il dubbio viene: residui dei tempi passati?
Il New York Times non è il primo quotidiano statunitense che sacrifica i copy editor per far fronte alla crisi che ha colpito la carta stampata da quando internet e i social network hanno invaso il mercato di contenuti gratuiti.
Il presidente del sindacato dei giornalisti di New York ha accusato la direzione di voler distruggere “l’ultima e migliore linea di difesa contro gli errori” nei giornali, a discapito della credibilità: “Quando una pagina è disseminata di refusi e grafie scorrette, è più probabile che i lettori si chiedano cos’altro non va”, ha scritto in un comunicato apparso sul sito dell’organizzazione.
D’altra parte internet e i social network hanno completamente trasformato anche la produzione delle informazioni. Tra un’edizione e l’altra di un quotidiano cartaceo passano 24 ore, ma online le notizie si pubblicano a distanza di minuti, secondi, e arrivare primi spesso premia. Che senso avrebbe conservare un sistema di revisione che coinvolge da tre a sei editor per articolo?
Il modello nel New York Times potrebbe aprire la strada a un nuovo modo di rivedere le notizie che tiene conto delle nuove tecnologie e della necessità di produrre più informazione con meno soldi. Se funzionerà, gli articoli continueranno a essere impeccabili come sempre e i lettori non si accorgeranno di niente. Se invece non funzionerà, saranno proprio i lettori la più importante linea di difesa contro gli errori. Avete preparato la penna rossa?
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