Il 16 marzo 2014 i cittadini della Crimea (passata dalla Russia all’Ucraina nel 1954 per volontà del leader sovietico Nikita Chruščëv) hanno partecipato a un referendum per decidere se riannettersi alla Russia o restare all’interno dell’Ucraina, avendo però maggiore autonomia. Secondo le autorità locali il 97 per cento dei votanti si è espresso a favore dell’annessione alla Russia, mentre i gruppi etnici ucraini e tatari, contrari a un riavvicinamento della Crimea a Mosca, hanno boicottato i seggi.
Tra il 1944 e il 45 i tatari di Crimea, accusati di aver collaborato con i nazisti, furono deportati in Uzbekistan. Molti di loro (il 15.25 per cento secondo le istituzioni sovietiche, il 46 per cento secondo gli attivisti) morirono per le carestie e le malattie. A differenza di altri popoli, che dopo le deportazioni di massa ordinate da Stalin riuscirono ritornare nelle loro terre nel 1956, i tatari ottennero il permesso di ristabilirsi in Crimea solo nel 1989. Sono rappresentati dal Mejlis, il congresso dei tatari di Crimea.
Dall’ultimo censimento fatto in Ucraina (2001, il prossimo è previsto nel 2016), il 58,5 per cento della popolazione della Crimea è composta da russi, il 24,4 da ucraini e il 12,1 per cento, ovvero 245mila persone, da tatari di Crimea.
In questa foto: Mustafa Asaba davanti alla casa di un amico a Belogorsk, vicino a Simferopol, il 17 marzo. Asaba è uno dei leader dei tatari della Crimea.
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