Un anno fa, il 16 marzo 2014, un referendum sanciva con il 97 per cento di voti favorevoli l’annessione della penisola di Crimea, allora parte dell’Ucraina, alla Federazione Russa.
Due giorni dopo, il presidente russo Vladimir Putin firmava il decreto che sanciva l’annessione della Crimea alla Russia. Il risultato, però, non è mai stato riconosciuto dalla comunità internazionale e l’Alta rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Federica Mogherini, ha ribadito: “L’Unione europea non riconosce e continua a condannare questo atto di violazione della legge internazionale” che costituisce “una sfida diretta alla sicurezza internazionale con gravi implicazioni per l’ordine legale che protegge l’unità e la sovranità di tutti gli stati”.
Da allora sono cambiate le bandiere, la moneta, i prefissi telefonici. La maggior parte delle persone che abitano nella regione sembra contenta di far parte del paese guidato da Putin. Ma tante cose non funzionano, anche se è meglio non dirlo: chi si è apertamente opposto all’annessione è sparito, è stato picchiato o costretto all’esilio.
Le foto sono state scattate a Sebastopoli, il 16 marzo 2015.
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