Il 20 febbraio il governo del Sud Sudan ha dichiarato lo stato di carestia in alcune aree dello stato settentrionale di Unità. Il rischio di carestia incombe anche su Yemen, Somalia e Nigeria, ma il governo di Juba è il primo a darne l’annuncio ufficiale, perché la calamità ha già causato vittime tra i suoi abitanti. Il rappresentante della Fao nel paese, Serge Tissot, spiega che “molte famiglie hanno esaurito i mezzi a disposizione per sopravvivere”. L’ultima carestia in Somalia si era verificata nel 2011.
Nelle zone colpite vivono almeno centomila persone, mentre un altro milione di sudsudanesi è considerato sull’orlo della fame. L’attuale crisi alimentare è il frutto di vari fattori: la siccità, l’economia al collasso, ma soprattutto la guerra civile, scoppiata nel dicembre del 2013 e terminata nel 2016 con l’attuazione di un accordo di pace fragile.
Dal dicembre del 2013, quando è scoppiata la guerra civile tra i militari fedeli al presidente Salva Kiir e quelli che sostengono l’ex vicepresidente Riek Machar, un milione e mezzo di sudsudanesi (centomila solo dall’inizio del 2017) sono scappati a sud, in Uganda, per sfuggire alle violenze e alla fame. Si stima che ogni giorno passino la frontiera tra le mille e le quattromila persone. Il campo profughi di Bidi Bidi, nel nord dell’Uganda, accoglie più di 270mila sudsudanesi e a sei mesi dall’apertura è diventato uno dei più grandi del mondo.
Le foto sono state scattate da Dan Kitwood di Getty Images nel campo profughi di Bidi Bidi, nel nord dell’Uganda, a febbraio del 2017.
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