S’intitola Médiations la retrospettiva che il museo Jeu de paume di Parigi dedica alla fotografa statunitense Susan Meiselas.
Nata a Baltimore nel 1948, la fotoreporter muove i primi passi seguendo, tra il 1972 e il 1975, le spogliarelliste in giro per le fiere di paese in New England, Vermont e South Carolina. Una documentazione attenta, scrupolosa, che affianca alle istantanee in bianco e nero delle esibizioni alcuni scatti più intimi e registrazioni audio delle voci delle protagoniste. Il risultato è un racconto multimediale complesso e originale. È con questo lavoro, poi confluito nel volume Carnival strippers, che Meiselas conquista la chiave d’accesso per l’agenzia Magnum, di cui entra a far parte nel 1976.
Il coinvolgimento dei soggetti fotografati attraverso testimonianze dirette costituisce per la fotografa non solo una pratica analitica ma anche una forma di impegno civile. Una metodologia d’indagine che usa per registrare conflitti internazionali come la guerra civile in Nicaragua in cui s’interroga su questioni legate all’identità e ai diritti umani.
Così, a partire dal 1991, si dedica alla costruzione di un ampio saggio visivo sulla storia del popolo curdo, che sarà pubblicato sei anni dopo con il titolo Kurdistan: in the shadow of history. Dopo aver raccolto interviste video e immagini d’archivio, nel 1998 Meiselas decide poi di creare il sito akaKurdistan, uno spazio in cui chiede la partecipazione del popolo curdo che invita a condividere foto, memorie, articoli e pensieri per ricostruire una memoria collettiva continuamente minacciata.
La mostra ripercorre oltre trent’anni di carriera della fotoreporter e durerà fino al 20 maggio.
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