Lars Tunbjörk è stato uno dei fotografi svedesi più amati e conosciuti, nel suo paese e all’estero. A tre anni dalla morte, il museo Fotografiska di Stoccolma ha organizzato una grande retrospettiva, aperta fino al 2 dicembre, curata dal fotografo Hasse Persson e dalla regista Maud Nycander, moglie di Tunbjörk.
La sua influenza nella cultura svedese è resa bene dalla parola “tunbjörkare”, coniata per indicare un’immagine dalle qualità speciali. Nato nel 1956 a Borås, comincia a lavorare come fotoreporter per quotidiani locali e nazionali. Tuttavia il suo modo di osservare la realtà lo spinge a soffermarsi su dettagli e stranezze che sfuggono all’occhio di molti; decide così di esplorare queste potenzialità sviluppando uno stile più personale.
“È stato il primo a raccontare la transizione a un capitalismo totalizzante, l’abbandono dei luoghi di incontro tradizionali, la ‘plastificazione’ delle nostre vite, il declino dello stato sociale” affermano i curatori. Tunbjörk ha un istinto per l’assurdo, ma non solo. Che sia un centro commerciale statunitense, un ufficio a Tokyo o nella sua città natale, le sue foto contengono una dose di umorismo, calore e oscurità tali da suscitare l’empatia dello spettatore. Come ha scritto il photo editor Paul Moakley su Time: “Con Lars ti sentivi meno solo e avevi la sensazione che comprendesse il grande abisso che ci circonda”.
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