L’opera di Masahisa Fukase è stata in parte inaccessibile per più di vent’anni, dopo che nel 1992 l’artista finì in coma cadendo dalle scale di un bar. In seguito alla morte, avvenuta nel 2012, i suoi archivi sono stati aperti e il pubblico ha potuto cominciare a conoscere meglio la sua produzione. A Milano la Fondazione Sozzani ha inaugurato Private scenes, la prima retrospettiva italiana sul fotografo giapponese, curata dal museo olandese Foam.
Nato nel 1934 sull’isola di Hokkaido, cresce nello studio fotografico gestito dalla sua famiglia. A sei anni sa già stampare e come figlio maggiore è destinato a ereditare l’attività. Tuttavia, anche se decide di continuare con la fotografia, sceglie di prendere un’altra strada e nel 1952 va a Tokyo. Esordisce con la mostra Kill the pig (1961), conquistando l’attenzione di critica e pubblico. Dopo essere stato lasciato improvvisamente dalla prima moglie, si innamora di Yoko, suo grande amore e fonte di ispirazione.
Fukase fa parte della generazione degli autori giapponesi del dopoguerra che hanno rinnovato profondamente il linguaggio fotografico nel paese. Nel 1974 fonda la Workshop photography school insieme a Shōmei Tōmatsu, Eikoh Hosoe, Noriaki Yokosuka, Nobuyoshi Araki e Daidō Moriyama.
Il loro lavoro viene scoperto in occidente grazie alla mostra collettiva New Japanese photography, organizzata dal Museum of modern art di New York nel 1974. Questo periodo di successo, in cui il fotografo sperimenta e alterna i progetti artistici ad altri più fotogiornalistici, è interrotto dalla fine del suo matrimonio.
Il divorzio da Yoko lo porta a concepire la sua serie più celebre, Ravens (1975-1985), e anche ad ammalarsi di alcolismo e depressione. Il modo in cui Fukase fotografa i corvi di Hokkaido rappresenta certamente il suo stato d’animo segnato dalla perdita, dal dolore e dalle dipendenze, ma ciò che sorprende guardando le opere esposte in Private scenes è la capacità di affrontare tutto questo con uno spirito giocoso che rivela gli aspetti comici e sinistri della vita. Dagli anni sessanta al 1992 gli scatti di Fukase nascono all’interno di una sfera intima, che vede protagonisti Yoko, il padre morente, i suoi gatti e se stesso, sperimentando con l’autoritratto e isolandosi gradualmente dal resto del mondo.
La mostra rimarrà aperta fino al 31 marzo. Nei mesi scorsi l’opera di Masahisa Fukase è diventata anche oggetto di una monografia.
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