In dreams è un nuovo libro, pubblicato da Damiani, che offre uno sguardo più approfondito su Dennis Hopper, non in quanto attore, ma come fotografo, padre e marito.

L’attività fotografica di Hopper si concentra negli anni sessanta, un decennio in cui lavora meno sul set e va in giro con una fotocamera Nikon, regalo della moglie Brooke Hayward, anche lei attrice, per il suo venticinquesimo compleanno. Per gli amici diventa “the tourist”, perché ha sempre la macchina fotografica appesa al collo. Comincia a ritrarre, in maniera quasi compulsiva, le persone e i luoghi che lo circondano. Tra il 1961 e il 1967 scatta circa diecimila foto.

Come scrive Sean O’Hagan sul Guardian, per Hopper la fotografia diventa, per un breve periodo, una maniera per essere se stesso, senza i compromessi richiesti da un processo creativo collettivo come il cinema e dai limiti imposti dal sistema hollywoodiano. Alla fine degli anni sessanta divorzia dalla moglie e smette di usare anche la sua Nikon, perché “tutte quelle fotografie rappresentavano il mio fallimento e mi ricordavano la separazione dolorosa da tutto ciò che amavo”, scrive Hopper.

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