Il 23 settembre a Bologna comincia la seconda edizione di PhMuseum days, il festival organizzato da PhMuseum, la piattaforma online che da dieci anni diffonde cultura fotografica dando spazio a nuovi progetti, pubblicazioni e informazioni su premi e festival.

Anche stavolta il festival guarda al futuro, ma se l’anno scorso presentava le sfide di questo decennio ora riflette sulle connessioni tra passato, presente e futuro: Today is yesterday’s tomorrow è il titolo scelto per il 2022.

L’analisi del presente è affidata ai lavori del fotografo russo Nikita Teryoshin e ai francesi Agathe Kalfas e Mathias Benguigui. Il primo è in mostra con Nothing personal, che racconta cosa c’è dietro al business della guerra: fiere di armi e tecnologia militare intervallate da aperitivi a cui partecipano ufficiali, politici e commercanti. In Asphodel songs Kalfas e Benguigui cercano invece un punto di incontro tra documentario e finzione per leggere in maniera originale la situazione dei migranti a Lesbo, raccogliendo le tracce lasciate sull’isola greca da diverse ondate migratorie fin dall’antichità.

Lo sguardo al passato, invece, appartiene a opere come Nuke dell’artista argentino Marcelo Brodsky, che intervenendo con parole e colori su una foto d’archivio di un’esplosione nucleare ricorda quanto sia fondamentale battersi, sempre, per il disarmo. In Good hope, poi, la sudafricana Carla Liesching racconta il capo di Buona Speranza, luogo simbolico dove è nata la stessa artista e punto di arrivo degli esploratori portoghesi e olandesi dal quindicesimo secolo. Da qui comincia la storia coloniale del Sudafrica e anche la resistenza contro i colonizzatori; Liesching intesse un dialogo costituito dai frammenti di fotografie ritrovate, saggi, giornali e opuscoli turistici.

Il futuro è in lavori come Mythic humanoids dell’artista e modella svedese Arvida Byström, che parte dalla rappresentazione di se stessa per affrontare questioni legate al corpo e all’identità, rispetto all’estetica digitale e al linguaggio dei social network. Mentre Munirah Almehri immagina cinque personaggi che possano interpretare un futurismo queer nel Kuwait; il suo progetto si chiama Umbai, un termine dello slang locale usato dalle donne per esprimere sorpresa in situazioni assurde e inaspettate. Questa parola è così connotata nel suo genere che se la pronuncia un uomo viene considerato gay, fatto di per sé grave in un paese dove l’omosessualità maschile è illegale.

Gli altri autori esposti al PhMuseum festival, che si svolgerà nei weekend fino al 2 ottobre, sono il collettivo Sara, Peter & Tobias, Sara Palmieri, Angelo Vignali, Piero Martinello e Piero Casentini, Julie Poly, Ana Vallejo e Piergiorgio Sorgetti.

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