In Look at me like you love me (Mack, 2022) l’artista statunitense Jess T. Dugan ha messo in sequenza ritratti, nature morte e scritti personali che esplorano le sue riflessioni su come il desiderio, l’intimità, le relazioni e i cambiamenti modellano la nostra identità nel corso della vita.
Dugan usa un genere convenzionale come il ritratto per dare voce a chi non si riconosce in un’identità binaria, partendo innanzitutto dalla sua storia personale. “C’è così tanto che non posso dire nelle mie fotografie, eppure è tutto lì, appena sotto la superficie, se sai cosa cercare” scrive l’artista nelle prime pagine del libro, per invitarci a vedere oltre le pose, la luce, la composizione. Sembra suggerirci che ogni sguardo e ogni gesto siano delle storie in attesa di essere svelate.
Le fotografie di Dugan sono frutto di un processo lento e collaborativo; la macchina poggia sul treppiedi, la luce è naturale. Ai soggetti non viene chiesto semplicemente di posare di fronte alla fotocamera, ma sono parte di un rapporto costruito sulla fiducia, sul rispetto e sullo scambio reciproco. “Voglio che tu rifletta tutte le parti di me che trovo difficile nominare, che tu esista per un momento esclusivamente nello spazio tra noi. Lascia che ti guardi, dico, da vicino, in silenzio, a lungo. Lasciamoci andare al ritmo. Abbraccerò la tua tenerezza, onorerò la tua fatica, rispetterò la tua forza”, scrive ancora Dugan, che prova a coinvolgere i suoi modelli anche quando lo scatto viene presentato al pubblico, stampato o esposto.
La curatrice Laura De Marco ha portato le pagine di Look at me like you love me nello Spazio Labò di Bologna, pensando a un allestimento che espandesse le idee del libro. Il percorso della mostra I want you to know my story (aperta fino al 19 gennaio) si articola su livelli visivi e sonori, tra i ritratti, le parole che diventano degli audio narrati dall’artista e due video, in cui Dugan si espone in prima persona e si rivolge al padre, incapace di accettare le sue scelte, e alla figlia, nata dal suo matrimonio. Ogni video è costruito come una lettera, mai spedita, letta sullo sfondo di foto vecchie e nuove, che smuovono ricordi felici o dolorosi. Sono momenti che spalancano la porta a noi spettatori, per immergerci in un percorso di analisi attraverso l’arte, che porta con sé messaggi universali, adattabili a qualsiasi genere con cui vogliamo definirci.
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