
Il 2 giugno il dipartimento del tesoro degli Stati Uniti ha annunciato pesanti sanzioni contro tre cittadini bulgari accusati di corruzione: l’editore ed ex deputato Deljan Peevski (ritratto sulla copertina del settimanale Kapital), l’imprenditore Vasil Božkov, latitante a Dubai, e il funzionario governativo Ilko Željazkov. Il provvedimento, che colpisce anche decine di aziende legate ai tre, è stato preso in base al Global Magnitski act, una legge statunitense che punisce i responsabili di violazioni dei diritti umani e corruzione in tutto il mondo, intitolata a Sergej Magnitski, avvocato russo morto in carcere a Mosca nel 2009. Con questa mossa Washington ha mostrato una risolutezza sconosciuta all’Unione europea, che finora ha sempre chiuso un occhio sulla corruzione endemica nel paese balcanico, limitandosi a condannarla a parole. Secondo Kapital, la misura chiama indirettamente in causa anche l’ex premier Bojko Borisov, in quanto “artefice di quel sistema di spoliazione delle risorse pubbliche che di fatto ha quasi privatizzato lo stato: un sistema in cui Borisov controllava il governo e i giudici, e Peevski i mezzi d’informazione e alcuni partiti”, e in cui gli oligarchi potevano agire “nella più totale impunità”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1413 di Internazionale, a pagina 23. Compra questo numero | Abbonati