Quando partecipò al suo primo torneo di tennis, a dieci anni, Billie Jean Moffitt fu esclusa dalla foto di gruppo perché indossava dei pantaloncini invece del classico gonnellino. Diciannove anni dopo, nel 1973, quando sconfisse Bobby Riggs nella famosa “battaglia dei sessi”, le tornò in mente quell’istante della sua infanzia in cui aveva pensato che bisognava “cambiare le regole del gioco”. Con in tasca i centomila dollari di premio per aver sconfitto Riggs si rese conto che il momento di cambiarle era arrivato. Così Billie Jean King si è dedicata a sostenere la parità tra uomini e donne nello sport, ed è diventata poi una paladina dei diritti dei gay, essendo la prima sportiva professionista apertamente lesbica. Oggi, a 77 anni, con la sua ponderata e profonda autobiografia, All in, ripensa a quelle sfide come a una lunga serie di scatti da tennista che ha sempre giocato all’attacco, più che a una lunga maratona. Guadagnato un punto, era pronta a ripartire. In fondo c’è sempre stata però la destinazione della libertà di essere veramente se stessa. The Guardian
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Questo articolo è uscito sul numero 1427 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati