Le canzoni spoglie, minimali di Tirzah hanno la misteriosa capacità di evocare mondi nascosti. Dopo qualche giro quello che a un primo ascolto suona esile e freddo si scalda e ci sommerge. Questa abilità ha reso Devotion, del 2018, un classico. Colourgrade, l’atteso ritorno, è ancora più obliquo e impiega sempre molto a rivelare il suo cuore. Come nei primi mixtape della musicista britannica, queste canzoni funzionano come dei bozzetti che si rinforzano l’uno con l’altro per creare un ascolto generale gratificante. Scritto dopo la nascita del primo figlio e registrato prima dell’arrivo del secondo, l’album racconta la stanchezza, l’isolamento, la bellezza e gli aspetti surreali del diventare madre. In Beating canta “Tu hai me, io ho te. Abbiamo creato la vita, sta pulsando”, sostenuta solo da una semplice percussione e rumori di fondo. Il brano è seguito da Sleeping, un blues futuristico che coglie bene le notti deliranti che si vivono con un neonato. Ma sarebbe veramente riduttivo leggere Colourgrade solo attraverso la lente della maternità. Certo, l’atmosfera è la stessa per tutto il disco e i pezzi sono scheletrici, ma Tirzah riesce a manifestare una varietà di emozioni spesso indescrivibili. È un’artista che sa farci sentire in maniera vivida le cose più ineffabili di cui prima non ci accorgevamo neanche.

Skye Butchard,
The Skinny

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Questo articolo è uscito sul numero 1432 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati