Ai Parquet Courts finora sembrava bastare il mix di post punk fine anni settanta e scarne melodie alla Pavement. Sympathy for life è stato presentato come il loro primo disco dance, ma questo flirt con la poliritmia e i sintetizzatori dub fa venire in mente i Talking Heads di Remain in light, che è del 1980, più che la dance elettronica dei nostri giorni. Questo potrebbe far dire che la band è diventata una versione dei Greta Van Fleet innamorati dei Wire anziché dei Led Zeppelin, ma per fortuna qui ci sono anche le cose che rendono i Parquet Courts uno dei gruppi più amati dell’indie rock di oggi: la disinvoltura newyorchese e la capacità di scrivere bene le canzoni. Sympathy for life non ha la vulnerabilità emotiva di Human performance (2016) o il divertente eclettismo di Wide awake! (2018), ma la musica e le svogliate voci di Andrew Savage e Austin Brown sono sempre un piacere. La band, insomma, si conferma un’ottima compagnia quando mantiene lo stile senza fronzoli dei suoi vecchi idoli.
Jeremy Winograd,
Slant
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Questo articolo è uscito sul numero 1432 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati