Ai giorni nostri al cinema domina la complessità. Trame e universi che s’intrecciano. Tutto per agguantare lo spettatore che scappa da ogni parte. A volte però, all’improvviso, un’opera si affida alla semplicità e colpisce dritto al cuore. Scompartimento n. 6, secondo lungometraggio del finlandese Juho Kuosmanen – che da outsider si è aggiudicato il gran premio della giuria a Cannes – è quel tipo di opera. Liberamente tratto dal romanzo di Rosa Liksom, il film non fa altro che accompagnare due personaggi (che non potrebbero essere più diversi l’uno dall’altro) durante un lungo viaggio e mostrare il rapporto che si costruisce tra di loro, un passo per volta. Laura (Seidi Haarla), studente finlandese di archeologia appena piantata in asso dalla sua compagna, parte in treno da Mosca per andare a Murmansk, sopra il circolo polare artico, a vedere delle antichissime incisioni rupestri. Divide lo scompartimento con Ljoha (Jurij Borisov), partito per andare a lavorare in una miniera, un giovane rozzo reso ancora più molesto dalla vodka che tracanna. La distanza che c’è tra loro gli darà l’occasione di sfuggire dai rispettivi cliché e avvicinarsi: due sfollati sentimentali che insieme affrontano l’inverno russo così come la glaciazione dei loro cuori. Il viaggio annulla ogni barriera sociale e culturale. Un antico ideale democratico degno di Frank Capra, trasportato ai confini d’Europa.
Mathieu Macheret, Le Monde
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Questo articolo è uscito sul numero 1438 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati