Alla fine Toy, uno degli album perduti di David Bowie, ha visto la luce come parte del cofanetto Brilliant adventure (1991-2001), dedicato alla sua produzione degli anni novanta. Toy fu registrato nel 2000, un periodo in cui l’artista britannico attraversava un momento di splendida forma e aveva cominciato a rivisitare i suoi primi brani composti negli anni sessanta. La Emi si era incompresibilmente rifiutata di pubblicare il disco. Eppure, ascoltato oggi, Toy si rivela un piccolo gioiello. A partire dalla traccia di apertura, I dig everything, che è un singolo del 1966, quando il cantante si faceva ancora chiamare Davy Jones. Ma il discorso vale anche per The London boys o Conversation piece, un lato b del 1970 trasformato dagli archi di Tony Visconti e dalla voce più matura di Bowie. Nel corso degli anni erano usciti solo alcuni di questi brani, ma solo ora possono essere ascoltati come li aveva concepiti l’autore. Il resto del cofanetto ricostruisce il cammino di Bowie negli anni novanta, un’epoca meno fortunata dal punto di vista commerciale, ma in cui l’artista cercò di riaccendere il suo lato sperimentale con dischi come Black tie white noise, The Buddha of suburbia, 1.Outside, Earthling e ‘hours…’.
Neil McCormick,
The Daily Telegraph
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Questo articolo è uscito sul numero 1440 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati