Tra le band che possono essere considerate parte della coorte indie rock statunitense di prima o seconda generazione, ci sono molti gruppi (Pavement, Modest Mouse, White Stripes, Death Cab for Cutie) che non sono riusciti a reggere il peso degli anni o hanno limitato molto la produzione. I texani Spoon invece sono ancora qui, in pieno controllo dello stile che li ha contraddistinti nei loro nove album precedenti. Ma se Hot thoughts (2017) era un disco costruito sui sintetizzatori, Lucifer on the sofa è aggressivo e ricco di chitarre. Il disco comincia con Held, una cover degli Smog di Bill Callahan, e si chiude con la titletrack, tra i sassofoni stralunati che accompagnano il diario di un viaggio notturno. In The hardest cut dei vicini ficcanaso bussano alla porta del narratore, mentre la chitarra del leader Britt Daniel e la batteria di Jim Eno colpiscono forte come non mai. Gli altri brani del disco sono meno cupi, con un volume più alto e diversi ritornelli da ricordare. Il secondo singolo Wild cavalca una spirale di chitarre e pianoforte, mentre la ballata Astral jacket è guidata da un piano elettrico e da chitarre acustiche, con una melodia memorabile. Gli Spoon si avvicinano ai trent’anni di carriera. E a dire la verità se la passano proprio bene.
Chad Swiatecki,
The Austin Chronicle
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Questo articolo è uscito sul numero 1447 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati