I rifugiati sono protagonisti di storie che hanno una tragica, devastante universalità. Raccontando quella di Amin Nawabi, un professore afgano fuggito dal suo paese ancora adolescente e stabilitosi in Danimarca, il documentarista Jonas Poher Rasmussen ha tracciato un percorso unico in mezzo all’orrore. Flee prende vita attraverso vorticose animazioni realizzate a mano, piuttosto insolite per un documentario. Ma è anche un’opera sulla memoria, una sessione di terapia e, in modo più sottile, una commedia sul coming out. Simile allo srotolarsi di un gomitolo di segreti che dopo decenni stanno finalmente per essere svelati, il film mette in scena un ricordo commovente e inquieto, una straordinaria combinazione di riflessione personale e artigianato ispirato, un’avventura straziante ma lirica. E, infine, anche una dimostrazione che c’è sempre un nuovo modo di realizzare un documentario.
Joshua Rothkopf, Empire
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Questo articolo è uscito sul numero 1451 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati