Una donna devastata di circa trent’anni racconta la sua brutta storia, in modo sofferto ma amorevole, alla figlia appena nata. La donna, Joan, si è trasferita da Manhattan a Los Angeles dopo che il suo amante di un tempo, Vic, si è sparato accanto al tavolo del ristorante in cui Joan stava cenando con un altro amante. Joan ci racconta frammenti del suo trauma, mentre si stabilisce in una strana comunità a Topanga Canyon, insieme all’ex star del rap Kevin, all’affascinante River e al padrone di casa Leonard, che sta degenerando a causa del Parkinson e dell’Alzheimer. Joan descrive anche il modo in cui usa la bellezza e la sessualità a suo vantaggio, la manipolazione di tutti coloro che incrociano il suo cammino e l’incapacità di distinguere tra pericolo e soddisfazione, perché solo quando è vicina al primo può sentire la seconda. Beve, fuma erba, prende pillole e rifiuta pasti equilibrati a favore di ciotole di pastina che le ricordano la sua madre italiana, freddamente glamour. Apprendiamo anche che Joan è alla ricerca di una donna di nome Alice e che la figlia di Vic, Eleanor, è in missione per uccidere Joan, cosa che la moglie di Vic, Mary, infuriata e scostante, racconta in telefonate e messaggi pieni d’imprecazioni. Tutte queste donne sembrano in disaccordo, ma una cosa le unisce: ognuna di loro, perfino l’anziana nonna di Joan, ha vissuto un qualche tipo di violenza sessuale. La lezione del libro è che le donne non devono essere vincolate dai desideri degli uomini. Che possono e devono raccontare le loro storie alle loro condizioni.
Bethanne Patrick, The Washington Post
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Questo articolo è uscito sul numero 1469 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati