Da quasi un anno e mezzo la politica italiana è caratterizzata da un grado di stabilità e consenso del tutto insolito. Durante il governo presieduto da Mario Draghi il paese ha superato momenti critici della pandemia di covid-19 e ha ottenuto dall’Unione europea una prima parte importante dei fondi per la ripresa. Gran parte del merito è andato giustamente all’ex presidente della Banca centrale europea (Bce), che è stato nominato presidente del consiglio per riportare ordine nel caos dopo il vergognoso fallimento del precedente governo.
L’appello dei sindaci
Questo periodo di calma, che ha rassicurato gli elettori, doveva essere limitato nel tempo. Draghi ha guidato con competenza un governo di unità nazionale creato per far fronte a un’emergenza. Non è il primo economista non eletto a guidare il paese, ma l’Italia è una democrazia, non una tecnocrazia. La politica avrebbe dovuto riprendere le redini del paese con le elezioni della prossima primavera. Solo che ora i tempi rischiano di essere inutilmente accelerati a causa della decisione del Movimento 5 stelle di boicottare un voto di fiducia. Dopo il voto Draghi si è dimesso, ma il presidente della repubblica Sergio Mattarella ha respinto le dimissioni chiedendogli di fare un tentativo per salvare il governo.
Nel contesto di una crisi economica e geopolitica che potrebbe raggiungere il picco in inverno, la rinuncia di Draghi sarebbe una cattiva notizia per l’Italia e per l’Europa. Le ricadute dell’attacco russo all’Ucraina hanno infatti generato una seconda emergenza dopo la pandemia. Questo causa molte difficoltà a un paese pericolosamente vulnerabile agli shock esterni. Il 18 luglio Draghi era ad Algeri alla ricerca di fonti di energia alternative al gas russo, che il presidente Vladimir Putin ha trasformato in un’arma.
L’Italia ha anche bisogno di rinnovare più di 200 miliardi di euro di prestiti entro la fine dell’anno, e con il ritorno dell’instabilità politica a Roma gli interessi sui prestiti sono notevolmente aumentati. La Bce alzerà i tassi per la prima volta negli ultimi dieci anni, aumentando la pressione.
In circostanze così insidiose, Draghi è una sicurezza e la sua ottima reputazione a Bruxelles e presso i mercati obbligazionari costituisce una risorsa significativa per l’Italia. Mentre il Regno Unito è scosso da ulteriori turbolenze politiche ed Emmanuel Macron fatica a imporre la sua visione in Francia, l’influenza stabilizzante di Draghi sulla scena europea è necessaria anche perché l’unità sulla questione ucraina sarà messa a dura prova.
Se Draghi confermerà le dimissioni al suo posto potrebbe essere nominato un altro presidente del consiglio o ci sarebbero elezioni anticipate che potrebbero portare alla formazione di un governo di estrema destra guidato forse da Giorgia Meloni, leader del partito postfascista Fratelli d’Italia. Il partito, rimasto fuori dal governo, è in testa ai sondaggi e assumerebbe un atteggiamento nazionalista verso Bruxelles sull’economia, l’immigrazione e il matrimonio tra persone dello stesso sesso. È difficile pensare a una svolta più destabilizzante in un momento di crisi del continente.
Più di 1.800 sindaci italiani hanno chiesto a Draghi di andare avanti. A loro si aggiungono anche gli imprenditori e i leader sindacali. Dovrebbe ascoltarli. L’Italia prima o poi risolverà le sue divisioni politiche alle urne, ma le elezioni dovrebbero tenersi la prossima primavera e ora Draghi dovrebbe restare. ◆ bt
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Questo articolo è uscito sul numero 1470 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati