Il bellissimo e vellutato melodramma di Emanuele Crialese sembra la rappresentazione vivente del famoso incipit di Anna Karenina di Tolstoj: “Tutte le famiglie felici sono simili tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”. L’immensità è un ritratto ad altezza di bambino della tristezza domestica e del desiderio di sfuggirle. La messa in scena ha il fremito della memoria fanciullesca, in cui alcuni dettagli assurdi e distraenti funzionano come parafulmini per le emozioni che saettano intorno a noi. Alcuni intermezzi di realismo magico sono un po’ pesanti: sarebbe bastata una sola ricostruzione di canti e balli televisivi in bianco e nero. Ma nonostante le torsioni e le decorazioni, L’immensità è un film sofisticato e penetrante.
Robbie Collin, The Daily Telegraph

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1479 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati