Il 22 settembre il tribunale speciale della Cambogia ha condannato in via definitiva l’ultimo leader dei Khmer rossi ancora in vita. Khieu Samphan, 91 anni, era stato capo di stato della Kampuchea Democratica (il nome ufficiale della Cambogia negli anni della dittatura comunista) tra il 1976 e il 1979. Nel 2018 i giudici lo avevano ritenuto colpevole di crimini contro l’umanità, di gravi violazioni delle convenzioni di Ginevra e del genocidio della minoranza etnica vietnamita. La corte ha respinto l’appello presentato dai suoi legali, scrive The Phnom Penh Post. La sentenza del 22 settembre mette la parola fine al processo istituito per giudicare gli esponenti del regime responsabili della morte di 1,7 milioni di persone. Molti familiari delle vittime, però, non si considerano pienamente soddisfatti, scrive il New York Times: “Il procedimento è costato 330 milioni di dollari e in sedici anni ha portato alla condanna di appena tre persone”.

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Questo articolo è uscito sul numero 1480 di Internazionale, a pagina 42. Compra questo numero | Abbonati