Gli Arctic Monkeys hanno sempre fatto le cose a modo loro: quante band dopo aver pubblicato uno dei loro dischi più di successo (AM del 2013) hanno tirato fuori un concept album bizzarro ambientato su un resort sulla Luna? Tranquility Base hotel & casino del 2018 è stato una svolta per il quartetto di Sheffield, con il frontman Alex Turner che si è preso più libertà stilistiche che mai, scrivendo testi sulla gentrificazione di una colonia spaziale e dipingendo una psichedelia nostalgica. Dopo quattro anni, gli Arctic Monkeys tornano con il settimo album in studio, The car. Il disco segue il solco dello psych pop di Tranquility Base e la band è più lontana che mai dal garage rock delle origini. Gli svolazzi orchestrali danno a molte canzoni un tocco classico, mentre i personaggi descritti da Turner evocano una crisi di mezza età alla David Bowie. Ma The car non è il ritorno trionfale che molti fan avrebbero sperato, né è una svolta come Tranquility Base. È un viaggio sospeso nella malinconia, a volte piatto e a volte brillante, che vede la band lavorare con una tavolozza morbida che non si evolve quasi mai. Ci sono alcuni momenti intriganti, ma The car non raggiunge le vette passate.
Paolo Ragusa, Consequence of Sound
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Questo articolo è uscito sul numero 1483 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati