Negli ultimi dieci anni Bruce Springsteen a volte ha sofferto del blocco dello scrittore. Ha pubblicato tre album da Wrecking ball, uscito nel 2012: la raccolta di inediti High hopes, l’esperimento folk-pop Western stars e il ritorno al rock di Letter to you. Ma molte delle canzoni di quei dischi erano state scritte anni prima. Quindi non sorprende che il suo primo album in quasi due anni sia una raccolta di cover. Only the strong survive è un tentativo di mettere la voce al primo posto e onorare la musica soul degli anni sessanta e settanta. Ma se un disco di cover per lui non è niente di rivoluzionario – si pensi a We shall overcome. The Seeger sessions del 2006 – il nuovo corso è sorprendente. Questo non è un omaggio ai classici, perché più della metà delle canzoni è poco conosciuta. E Springsteen non le reimmagina né le fa dialogare con il suo catalogo, come aveva fatto con Seeger. Invece, lavorando a stretto contatto con il produttore e polistrumentista Ron Aniello, ricrea gli stati d’animo e gli arrangiamenti degli originali. Tutte le canzoni hanno un arrangiamento simile, con la batteria, i fiati, i cori e le orchestrazioni. Only the strong survive, di fatto, vive e muore nelle performance vocali di Springsteen, che spesso sono molto buone, specialmente nella prima parte. Nightshift, un singolo di successo del 1985 dei Commodores, è forse la scelta più sorprendente e anche una delle più vincenti. Le 15 tracce durano 50 minuti e non c’è una variazione sufficiente per giustificare quella lunghezza. Only the strong survive è un buon disco, ma anche un’occasione persa, perché rispetta troppo le versioni originali.
Mark Richardson, The Washington Post

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Questo articolo è uscito sul numero 1486 di Internazionale, a pagina 106. Compra questo numero | Abbonati