I l tentativo della Russia d’influenzare l’esito delle elezioni presidenziali statunitensi del 2016 e la recente invasione dell’Ucraina sono stati trattati in gran parte come due storie separate. In realtà, sostiene Jim Rutenberg in una lunga inchiesta sul New York Times Magazine, le due vicende sono strettamente legate. “Nell’estate del 2016 Paul Manafort, il responsabile della campagna elettorale di Donald Trump, s’incontrò con Paul Kilimnik, un cittadino russo che gestiva un ufficio dell’azienda di consulenza internazionale di Manafort a Kiev, in Ucraina. Kilimnik gli presentò un piano segreto che prevedeva la creazione di una repubblica autonoma nell’Ucraina orientale, dando a Putin il controllo del cuore industriale del paese, in cui i ‘separatisti’ sostenuti dal Cremlino stavano conducendo una guerra ombra da due anni”. Gli inquirenti statunitensi hanno poi scoperto che Kilimnik lavorava per il Cremlino. In quel periodo Trump faceva capire di voler mettere in discussione una politica estera decennale che sosteneva un’Ucraina libera e unita, mentre Mosca intensificava gli sforzi per danneggiare la candidata democratica Hillary Clinton. Putin, sostiene Rutenberg, si aspettava che Trump ricambiasse il favore aiutandolo a trasformare l’Ucraina in uno stato vassallo di Mosca .
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Questo articolo è uscito sul numero 1486 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati