Mai nella storia recente della Colombia l’elezione di un presidente aveva generato tante aspettative, paure, speranze, divisioni, entusiasmi e incertezze come nel caso di Gustavo Petro, che si è insediato ad agosto. Il suo arrivo al governo è stato carico di significato e di “prime volte”: il primo presidente di sinistra, il primo ex guerrigliero, la prima vicepresidente afrodiscendente e, forse, la prima rivoluzione democratica popolare di successo in grado di piegare la classe politica tradizionale.
In campagna elettorale Petro ha parlato di temi che terrorizzano la classe dirigente: ridistribuzione del reddito e della terra, pace totale, transizione energetica, addio al petrolio e al fracking, sospensione del glifosato, accordo ambientale di Escazú, legalizzazione delle sostanze stupefacenti, riforma agraria, ridiscussione degli accordi di libero scambio, emissione di moneta, nuove tasse, rivendicazioni “antimperialiste”, maggiore pressione fiscale sulle banche private e sulle grandi imprese e riforma della polizia, del mercato del lavoro e del sistema pensionistico e sanitario.
Petro aveva due modi per concretizzare le promesse di cambiamento: mettere su un governo composto solo da ministri con la sua stessa linea politica e andare allo scontro con gli ex rivali; oppure moderare il suo discorso, costruire ponti, cercare un equilibrio tra efficacia e militanza, giocare secondo le regole stabilite e guadagnarsi il sostegno di chi prima lo definiva un castrochavista. Ha scelto la seconda strada.
I suoi ministri, però, sembrano appartenere a due governi paralleli. Da un lato ci sono le vecchie conoscenze che rassicurano gli scettici, dall’altro i sognatori militanti vicini a Petro che spaventano l’establishment. Nel primo gruppo, le voci pacate e responsabili dei ministri delle finanze, dell’agricoltura, dell’interno, della giustizia, del commercio e dell’istruzione danno concretezza: spesso intervengono per smorzare la retorica radicale di alcuni colleghi o dello stesso presidente. Nell’altro gruppo, ci sono i responsabili di ministeri delicati come miniere, ambiente, sanità, lavoro e cultura.
Epurazione nelle forze armate
L’impressione dell’opinione pubblica è che molti alti funzionari statali si stiano comportando come cani sciolti, rilasciando dichiarazioni improvvisate che non rientrano nei piani del governo e a volte hanno effetti negativi sul mercato. Questo fenomeno è particolarmente grave per quanto riguarda l’economia e la politica energetica, al punto che il ministro delle finanze José Antonio Ocampo, ribattezzato da molti “l’adulto responsabile”, è intervenuto spesso per chiarire le dichiarazioni di qualche ministro.
Il disordine e la mancanza di un’articolazione sono stati una delle grandi pecche del governo fino a oggi. D’altro canto il presidente ha cominciato il suo mandato premendo sull’acceleratore e facendo delle scommesse coraggiose. In molti casi sono state vincenti.
In parlamento i successi non si sono fatti aspettare. In appena tre mesi Petro e la sua squadra hanno approvato la riforma fiscale (che raccoglierà quasi venti miliardi di dollari), il progetto normativo per mettere in pratica la cosiddetta pace totale, la legge di bilancio e hanno ratificato l’accordo di Escazú, un trattato internazionale per la protezione dell’ambiente. Mostrando un pragmatismo politico finora sconosciuto, Petro ha invitato alcuni dei suoi avversari a partecipare al governo e ha mantenuto al loro posto dei funzionari assunti dall’ex presidente Iván Duque, di destra.
Questo nuovo atteggiamento lo ha aiutato a ottenere altri successi. Ha raggiunto un accordo con la Federación colombiana de ganaderos per l’acquisto di tre milioni di ettari di terra, una strategia che sarà molto importante nel suo piano di riforma agraria; ha riallacciato i rapporti con il presidente Nicolás Maduro e ha riaperto la frontiera con il Venezuela, anche se il commercio stenta a decollare; ed è impegnato in una crociata per recuperare e registrare i beni sequestrati in mano allo stato. Inoltre i processi legati alla pace, anche se con qualche incertezza, procedono con relativa rapidità; il rapporto con gli Stati Uniti è soddisfacente; la politica estera è efficace e i partiti tradizionali, per ora, collaborano con il governo.
Anche se le cose sembrano andare bene, la strada per Petro è difficile e incerta. In questi cento giorni il presidente colombiano ha gettato le basi per fare in modo che le sue proposte più ambiziose siano percorribili da un punto di vista legislativo, legale ed economico.
Non è ancora chiaro se la strategia del governo nei confronti delle forze armate stia funzionando. L’inizio è stato complicato. Il presidente ha autorizzato un’epurazione senza precedenti che ha rimosso più di cinquanta generali e, secondo gli esperti, ha indebolito l’intelligence e la capacità operativa dell’esercito. In questo momento un settore importante delle forze armate ha paura di agire e, a volte, preferisce starsene a braccia conserte invece di affrontare eventuali rappresaglie.
La base legale per realizzare la pace è stata approvata. Ora resta da vedere se i gruppi armati irregolari vogliono davvero deporre le armi e sottomettersi alla giustizia.
Rassicurare gli amici
La situazione economica non è buona. Nel 2023 la crescita potrebbe essere vicina allo zero, l’inflazione è a due cifre e la svalutazione del peso rispetto alle valute estere è fuori controllo, anche se negli ultimi giorni il dollaro ha cominciato a scendere. Una sfida importante che Petro dovrà affrontare in questo contesto sarà mettere mano alla transizione energetica in modo realistico e responsabile. La Colombia non può ancora fare a meno di petrolio e gas. Molto probabilmente il governo dovrà tornare sui suoi passi o moderare la sua proposta.
Cento giorni sono solo un’infinitesima parte di un mandato presidenziale. Quindi è ancora prematuro fare calcoli e analisi su un’amministrazione che si è insediata da poco. L’inizio è stato caotico e allo stesso tempo segnato da vari successi. Petro ha reclutato per le sue cause alcune delle persone che lo criticavano di più, ma allo stesso tempo sta cominciando a perdere l’appoggio di chi lo ha sostenuto per anni. Ora dovrà rassicurare gli amici e, in qualche misura, governare con i nemici.◆ fr
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1487 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati