Davanti all’ospedale del popolo di Dezhou, una città di sei milioni di abitanti nella provincia costiera dello Shandong, un’anziana su una barella, con gli occhi chiusi e il respiro accelerato, viene scaricata da un’ambulanza. Qualche minuto dopo è ricaricata a bordo. I suoi familiari cominciano a telefonare ad altri ospedali: in questo non c’è posto.

Nell’atrio, un’altra famiglia rifiuta di arrendersi. “Non ci sono letti per il momento, ma aspettiamo”, dice il signor Teng, che preferisce essere indicato solo con il cognome. Sta cercando di far ricoverare il suocero, che si è ammalato alla fine di dicembre e ora ha livelli di ossigenazione pericolosamente bassi. L’uomo è seduto su una sedia a rotelle e respira attraverso una maschera collegata al suo concentratore di ossigeno portatile, attaccato a una spina.

Più tardi le infermiere trovano un posto per lui, schiacciato tra letti e altre sedie a rotelle. Sono tutti anziani, agganciati alle flebo e alle bombole di ossigeno. La maggior parte di loro ha il covid-19, dice un’infermiera. Ogni giorno arrivano pazienti in condizioni critiche. “I letti attualmente scarseggiano ovunque. Nessuno di noi riesce a riposare. Lavoriamo sempre”, racconta. I parenti sono incaricati di spingere le barelle e togliere le padelle usate.

Sono scene frequenti in tutta la Cina. Da dicembre, quando il paese ha messo fine ai lockdown, ai tamponi di massa e ai limiti agli spostamenti interni imposti dalla politica “zero covid”, il virus si è diffuso a macchia d’olio. Gli ospedali cinesi hanno accolto i malati colpiti più duramente. Si tratta per lo più di anziani o di persone che avevano già altre patologie; molti non sono vaccinati o non hanno terminato il ciclo di vaccinazione.

Il governo definisce la sua inversione di rotta sul covid “un’ottimizzazione delle misure di prevenzione e di controllo”. Sui social network, alcuni commentatori sono più espliciti, e chiamano l’impennata dei contagi un haixiao, uno tsunami. Secondo una stima, ogni giorno s’infettano 37 milioni di cinesi. Il paese non aveva mai conosciuto un’epidemia di queste dimensioni.

Gli esperti dell’ospedale Ruijin e del Centro clinico per la salute pubblica, entrambi a Shanghai, sostengono che Pechino, Shanghai, Chongqing e Guangzhou hanno già superato il picco dei contagi. Uno dei massimi dirigenti dell’ospedale Ruijin calcola che circa il 70 per cento della popolazione di Shanghai potrebbe essere stato infettato. I mezzi d’informazione di stato riferiscono le parole di un noto epidemiologo, secondo cui a Pechino la percentuale è probabilmente superiore all’80 per cento.

L’inaugurazione della linea dell’alta velocità che collega Pechino a Tangshan. Pechino, Cina, 30 dicembre 2022 (Jia Tianyong, China News Service/Vcg/Getty Images)

Mercato nero

Queste grandi città sono preparate meglio delle piccole ad affrontare il virus. Hanno medici e infermieri specializzati, più unità di terapia intensiva e migliori scorte di farmaci. Pechino, per esempio, ha dichiarato alla fine di dicembre che stava distribuendo ai centri sanitari comunitari il Paxlovid – un antivirale statunitense utile per ridurre il rischio di sviluppare forme gravi della malattia in chi ha contratto il sars-cov-2 – anche se il medicinale scarseggia a livello nazionale. Il Paxlovid si vende a migliaia di dollari al mercato nero. Perfino i farmaci di base contro la tosse sono diventati un bene raro e disperatamente ricercato.

La capitale ha il vantaggio di trovarsi sotto i riflettori della politica. Nelle ultime settimane sono state inviate a Pechino squadre mediche da numerose province, sottraendole a zone che ne avranno più bisogno. Il contagio si sta diffondendo in città più piccole come Dezhou, che hanno meno risorse mediche, e nelle aree rurali, che soffriranno ancora di più. Il 31 dicembre il governo ha reso pubblico un piano per affrontare le infezioni nelle campagne. Molte delle proposte, come creare scorte di farmaci e aumentare la capienza delle unità di terapia intensiva, saranno difficili da attuare prima dell’arrivo del virus.

È complicato stimare il numero delle vittime. Le statistiche ufficiali sono inutili: dichiarano che ci sono stati meno di 5.300 decessi causati dalla pandemia, quasi tutti nella fase iniziale. Stando alle cifre ufficiali, nella prima settimana del 2023 solo 13 persone sono morte di covid. L’Organizzazione mondiale della sanità ha chiesto alla Cina di diffondere in tempo reale più dati sulle ospedalizzazioni e i decessi. Anche alcuni cittadini cinesi chiedono più informazioni.

Il picco

Il Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie ha dichiarato che pubblicherà una stima della mortalità in eccesso, cioè quante persone in più stanno morendo rispetto alla media. La Airfinity, un’azienda di analisi di dati sanitari con sede a Londra, calcola che in Cina muoiano di covid circa novemila persone al giorno e prevede che alla fine di questo mese si potrebbe raggiungere un picco di circa 25mila decessi, mentre un altro picco di contagi – ancora più alto – si avrà all’inizio di marzo. Il modello sulle morti in eccesso dell’Economist stima che nello scenario peggiore nei prossimi mesi moriranno un milione e mezzo di cinesi.

Le richieste di cremazione stanno crescendo in modo vertiginoso. La polizia di Shanghai sostiene di aver arrestato più di venti “speculatori di funerali”, pagati per aiutare le persone a saltare la fila per questi servizi. Un operatore funebre di Dezhou dice che i decessi sono aumentati del 20-30 per cento da quando sono state abolite le restrizioni contro il covid. “È stata una follia”, commenta. La situazione era più sicura quando il governo controllava il virus, aggiunge. “Ma le restrizioni non possono durare in eterno. E se riapri, è questo che devi aspettarti”. Il governo cinese ripete che era giusto abolire i controlli. Il 29 dicembre, Chen Wenqing, il capo della sicurezza nazionale, ha detto che negli ultimi tre anni la strategia per controllare l’epidemia è stata “scientificamente efficace e assolutamente corretta”. Da quando è stata adottata la nuova linea, il Presidente Xi Jinping non ha parlato apertamente del carico sugli ospedali o di decessi per covid. In un discorso di fine anno si è limitato ad ammettere che “rimangono sfide impegnative” e ha esortato alla “perseveranza”.

Una paziente nella provincia del Guizhou. Cina, 4 gennaio 2023 (Guizhou province, Jan 4, 2023. CFOTO/Future Publishing/Getty Images)

I mezzi d’informazione statali parlano con più franchezza della pressione sulle strutture mediche, ma sottolineano l’eroismo dei sanitari piuttosto che le debolezze del sistema. Durante un programma di capodanno trasmesso dall’emittente televisiva della provincia dello Hunan, dietro il palco sono state proiettate le foto di medici e infermieri esausti, mentre un cantante intonava versi pensati per motivare: “Dalle tenebre all’alba, per quanto sia dura, le difficoltà possono solo rendermi più forte!”.

Tv e stampa statali evitano anche di chiedersi se la Cina avrebbe potuto prepararsi meglio all’abolizione delle restrizioni, avvenuta proprio quando stava arrivando l’influenza stagionale. Alla fine di novembre solo il 40 per cento di chi aveva più di ottant’anni aveva ricevuto le tre dosi di vaccino necessarie a proteggersi dalla malattia grave. Il 21 dicembre il numero medio di dosi somministrate quotidianamente era salito a 3,6 milioni contro le 140mila dell’inizio del mese.

Da allora, però, la campagna sembra avere di nuovo rallentato, e all’inizio di gennaio le iniezioni giornaliere sono scese sotto il mezzo milione. I giornali locali suggeriscono le possibili ragioni: i sanitari incaricati delle vaccinazioni si stanno infettando, mentre altri sono stati spostati per curare i malati. Resta il fatto che solo i vaccini cinesi sono autorizzati. Quelli stranieri, in alcuni casi più efficaci, rimangono vietati.

La prossima sfida che medici e infermieri dovranno affrontare è il capodanno cinese, il 22 gennaio. I festeggiamenti prevedono le più grandi riunioni familiari dell’anno: milioni di persone lasceranno le grandi città per tornare in paesi e villaggi dove molti abitanti sono anziani, i tassi di immunizzazione sono più bassi rispetto alle aree urbane e l’immunità naturale quasi non esiste.

Una malattia di serie B

Almeno un distretto (nella provincia dello Hunan) ha raccomandato alle persone di non tornare per le vacanze “se non necessario”. Ma il governo centrale non dà segni di esitazione. Contrariamente alla posizione assunta durante la fase della politica zero covid, non ha cercato di scoraggiare i cittadini dal tornare ai loro luoghi di origine. L’8 gennaio ha cominciato a gestire il covid come una malattia di “seconda classe”, al pari dell’aids e dell’epatite, invece che di prima classe, la categoria in cui rientrano peste bubbonica e colera.

Numerosi paesi, tra cui Italia, Stati Uniti, Regno Unito, India e Giappone, hanno annunciato l’obbligo di test diagnostici per i viaggiatori in arrivo dalla Cina. Il Marocco ha completamente chiuso le porte ai cinesi. Pechino dice che questi provvedimenti non sono giustificati dalla scienza e hanno motivazioni politiche. È vero che testare tutti i passeggeri in arrivo dalla Cina non è molto utile. Ma l’indignazione delle autorità cinesi è complicata dalle norme che richiedono un tampone negativo a chiunque arrivi nel paese. Le dispute sul covid minacciano di mettere in crisi ancora una volta le difficili relazioni tra Cina e occidente.

I numeri
La campagna vaccinale
Milioni di dosi di vaccino somministrate al giorno in Cina (Fonti: Ccdc/Nhc/The Economist)

Ma i viaggi all’estero con ogni probabilità aumenteranno rapidamente. Per larga parte degli ultimi tre anni i cinesi hanno spesso rinunciato a spostarsi fuori dal paese, per timore di incontrare difficoltà a tornare, e perché i funzionari sconsigliavano di lasciare il paese per motivi non essenziali. Dall’8 gennaio la polizia ha ricominciato a rilasciare passaporti per le vacanze all’estero. Gli esponenti di una cosmopolita classe di cinesi giovani e benestanti, a lungo privati dell’opportunità di visitare altri paesi, potrebbe approfittarne: i siti di viaggio riferiscono di un sensibile aumento delle richieste. Una Cina che si riconnette con il mondo esterno è forse l’ultimo grande passo necessario per dire che il dopo pandemia è davvero cominciato.

In Cina, il ritorno alla vita di prima si sta già dimostrando difficile. Si avverte una sensazione di euforia perché le restrizioni vengono eliminate, ma la paura resta. I quartieri dello shopping in molte grandi città di giorno sono vuoti.

Ma ora che la minaccia della quarantena è scomparsa, la vita notturna sta riprendendo. Sui social network cinesi sono circolate immagini di locali pieni di gente e di folle che festeggiavano la fine del 2022 nelle città di tutto il paese

Con il diffondersi della malattia, sarà difficile tenere funzionanti le linee di produzione e continuare a far correre i camion. Il covid sta già dilagando nelle città industriali e provocando gravi interruzioni. Secondo Caixin, un settimanale cinese, alla fine di dicembre i distributori di grandi province esportatrici come Guang­dong, Zhejiang, Shandong e Jiang­su hanno dovuto affrontare gravi ritardi. Molte fabbriche di elettrodomestici, per esempio, lavoravano al 20-50 per cento della capacità. L’indice pmi – un indicatore dell’andamento del settore manufatturiero – suggerisce una contrazione delle attività.

I responsabili delle fabbriche affrontano la tempesta come meglio possono. Il signor He (anche lui preferisce dare solo il cognome) nelle province del Guangdong e del Sichuan dirige quattro impianti che producono imballaggi di carta per alcolici e sigarette. Il 19 dicembre più del 50 per cento dei suoi seicento dipendenti si era già ammalato, costringendo He a chiudere le fabbriche del Sichuan per quattro giorni. È andata meglio negli impianti di Guangdong: solo metà delle linee di produzione sono state chiuse per qualche giorno, alla fine di dicembre. Le aziende ora stanno tornando alla normalità. He ha ripreso i viaggi di lavoro e ha ricominciato a incontrare i clienti per bere un bicchiere.

Un altro timore è che gli operai siano costretti a licenziarsi per prendersi cura dei familiari anziani che vivono lontano dalle fabbriche. Mentre la Cina procede con la sua fulminea uscita dai lockdown, i centri manifatturieri rischiano di attraversare una crisi di manodopera a breve termine perché oltre a chi se ne va per accudire i parenti, ci sono anche i dipendenti che tornano a casa prima del previsto per le vacanze del capodanno cinese e potrebbero ritardare il ritorno in fabbrica.

Anche l’intervento delle amministrazioni locali può rappresentare un rischio per le imprese. Alcuni dirigenti temono che con l’impennata dei casi le autorità decidano d’isolare le città. E all’interno delle città potrebbe essere limitato il traffico da un quartiere all’altro. Questo interromperebbe i collegamenti che rendono le città cinesi così efficienti per i produttori.

È difficile prevedere quanto potranno durare queste interruzioni. La fine sbalorditiva della politica zero covid significa che la strada per la ripresa economica sarà più accidentata ma anche più rapida di quanto molti si aspettavano. Gli analisti avanzano le loro proiezioni sulla fine dell’emergenza. Molti economisti pensano che il peggio sarà passato entro la fine di marzo. A quel punto comincerà la ripresa, che potrebbe prendere forza negli ultimi mesi dell’anno.

Serve una nuova propaganda

Un rimbalzo economico sarebbe sfruttato dal Partito comunista per rafforzare la malconcia fiducia interna nella sua propaganda, che negli anni delle restrizioni enfatizzava il “caos” occidentale davanti alla pandemia contrapponendolo all’“ordine” cinese. Le autorità devono preoccuparsi del polverone che si sta sollevando sui social network cinesi per l’attuale ondata di contagi. Non si fanno critiche esplicite al governo (come sempre, la censura contribuisce a soffocarle), ma al fiume di elogi che un tempo si riversava sulle politiche zero covid non è subentrato l’entusiasmo per il cambio di rotta.

Anche tra i più ardenti sostenitori on–line del governo affiorano accenni di sorpresa per come si sta svolgendo l’uscita del paese dalle restrizioni. “Lo tsunami di infezioni provocato dalla variante omicron a Pechino ha superato ogni previsione”, ha scritto il 25 dicembre sul suo account Weibo Hu Xijin, ex redattore di un giornale nazionalista. E sulle morti di anziani legate al covid ha detto ai suoi quasi 25mila follower: “È doloroso dover pagare questo prezzo”.

Un altro giornalista con 1,9 milioni di follower ha definito “caotico” e “mal preparato” l’allentamento dei controlli. Il 29 dicembre un sito d’ispirazione maoista, Utopia, ha pubblicato un commento in cui si accusa il governo di aver affossato troppo rapidamente la sua strategia. “Non siamo un’auto da corsa, ma un grande autobus pieno di persone anziane, deboli, malate e con disabilità”, diceva. “Una transizione ordinata e graduale è estremamente importante”. L’articolo è stato poi cancellato.

Su Weibo, molti commentatori attaccano quelli che chiamano tang fei, banditi sdraiati. Il termine si riferisce a quelli che erano scettici sulla politica zero covid, accusati dai sostenitori del partito di voler stare fermi e accettare il diffondersi della malattia. I partecipanti alle manifestazioni contro i lockdown che si sono svolte alla fine di novembre in molte città sono accusati di appartenere al gruppo dei banditi. Anche il governo centrale chiaramente teme di essere indicato come loro complice. Le ricerche sul termine tang fei erano già bloccate dai social network a novembre, prima che fosse evidente la decisione di abbandonare la politica zero covid. Per sfuggire alla censura, gli utenti ora ricorrono a parole omonime.

Alcuni alzano la testa. “Siete così bravi a mentire guardando la gente dritta negli occhi”, ha scritto un utente di Weibo nella provincia del Guangdong con più di 320mila follower. Alludeva alla dichiarazione di un portavoce del governo, secondo cui Pechino si era preparata al cambiamento di linea politica. “Pensate sempre e solo a salvarvi la faccia. Credete che siamo stupidi?”. I censori hanno eliminato anche questo commento. Avranno molto da fare nei prossimi mesi. ◆ gc

Da sapere
Le conseguenze per il resto del mondo

◆ La riapertura della Cina sarà il più grande evento economico di quest’anno, scrive l’Economist. Nei primi tre mesi del 2024 il suo pil potrebbe essere superiore del 10 per cento rispetto al travagliato primo trimestre del 2023. Un rimbalzo così forte in un’economia così grande significa che la Cina potrebbe sostenere gran parte della crescita globale. Anche gli esportatori di materie prime ne beneficeranno. Il paese acquista un quinto del petrolio del pianeta, più della metà del rame, del nichel e dello zinco raffinati e più di tre quinti del ferro. Ma nel resto del mondo questo processo rischia di far alzare l’inflazione e i tassi d’interesse. Le banche centrali stanno già aumentando il costo del denaro. Per i paesi che importano materie prime, tra cui gran parte dell’occidente, il rischio è maggiore. Prendiamo il mercato petrolifero. Secondo la Goldman Sachs, la ripresa cinese potrebbe portare il prezzo del brent a cento dollari al barile, un aumento del 25 per cento rispetto ai prezzi attuali (ma al di sotto dei picchi raggiunti subito dopo che la Russia ha invaso l’Ucraina). L’aumento dei costi dell’energia farà aumentare l’inflazione. Il gas è un altro motivo di preoccupazione. La strategia zero covid ha ridotto la domanda cinese di gas, che così è diventato più economico per l’Europa. Una forte ripresa cinese significa una maggiore concorrenza sulle importazioni di gas naturale liquefatto (gnl). Per la Cina, dopo la pandemia non ci sarà un ritorno allo status quo. Dopo aver visto il governo applicare la strategia zero covid in modo così drastico per poi abbandonarla senza la dovuta preparazione, gli investitori considerano il paese una scommessa ad alto rischio, tanto che sono disposti a sostenere costi più elevati per produrre altrove. Gli investimenti in nuove fabbriche cinesi stanno rallentando e il numero di aziende che spostano le loro attività in altre regioni sta crescendo in modo esponenziale.


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Questo articolo è uscito sul numero 1494 di Internazionale, a pagina 42. Compra questo numero | Abbonati