Nel film vagamente autobiografico di James Gray il personale è tragicamente politico e viceversa. È una storia di formazione in cui la maturazione del giovane Paul, nel Queens dei primissimi anni ottanta, ha un prezzo insopportabilmente alto, all’incrocio tra privilegio e colpa. Paul ha appena cominciato le medie (in una scuola pubblica) e si mette nei guai con un compagno di classe nero. Gli bastano pochi minuti per osservare, tristemente, la disparità di trattamento a loro riservato. Finito in guai ancora più grandi, Paul è spedito in una scuola privata. Anche se è cresciuto in una famiglia democratica e liberal, il sensibile Paul diventa testimone delle sconsiderate manifestazioni di pregiudizio dei suoi genitori. E con il precipitare degli eventi prende atto dell’ipocrisia che lo circonda, del conflitto tra i nobili princìpi della sua famiglia e le loro azioni grandi e piccole, degli atteggiamenti plutocratici e suprematisti che gli sono inculcati nella scuola con allegato un malriposto senso di rivalsa. La grande idea del film è di mostrare che le radici della follia politica xenofobica e razzista dell’era Trump erano evidenti nel Queens in cui è cresciuto il regista e in cui prosperava la famiglia dell’ex presidente.
Richard Brody, The New Yorker
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Questo articolo è uscito sul numero 1504 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati