In perfetta sintonia con l’aria che tira, Lola Quivoron, per il suo primo film, inventa un personaggio che sfugge alle etichette di genere: Julia è una donna totale, bella e tosta, tenera e sveglia. Basta vedere come, nelle prime scene del film, rivolta i pregiudizi degli uomini contro loro stessi per rimediare una nuova moto. Julia frequenta un gruppo di ragazzi che si diverte con i rodei urbani, gare illegali che si svolgono su strisce d’asfalto con le moto da motocross. L’incidente mortale di uno di questi ragazzi lascia un posto vacante in una crew che Julia prontamente occupa. Speculare al percorso della protagonista possiamo intravedere quello dell’autrice, che prova a farsi strada in mondi prevalentemente maschili, quello del cinema e quello dei rodei, a cui ha già dedicato due cortometraggi. Quivoron parte da una ricerca documentaristica e riesce a trovare nei ragazzi una certa dolcezza che ne cancella il machismo di facciata. Il personaggio di Julia non è sviluppato come avrebbe potuto essere, così come il tentativo di sfuggire completamente alle categorizzazioni binarie. Il film quindi segue la traccia di due relazioni più profonde che Julia riesce a stringere. E se questa traccia sembra condurre verso qualcosa di eccessivamente artificiale, Quivoron si salva con una deviazione finale esplosiva.
Olivia Cooper-Hadjian, Cahiers du Cinéma

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Questo articolo è uscito sul numero 1519 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati