La danza macabra tra religione e violenza è stata a lungo un punto fermo nella cultura degli Stati Uniti del sud. Il nuovo romanzo di Michael Bible, L’ultima cosa bella sulla faccia della terra, affronta questi orrori. Si apre con un coro greco di uomini di mezza età che raccontano la tragedia che ha trasfigurato l’atmosfera da cartolina di Harmony, nel North Carolina. Una domenica mattina del 2000, l’adolescente Iggy entra in chiesa durante una funzione battista e si cosparge di benzina, ispirato dai suicidi dei monaci buddisti. Mentre accende un fiammifero, il suo amico Johnny gli si avventa contro, scatenando un inferno che inghiotte il santuario e uccide venticinque fedeli, risparmiando in qualche modo Iggy, la madre bigotta di Johnny e un bambino di quattro anni. Da quel momento, il romanzo vaga avanti e indietro nel tempo, scandagliando vite distrutte sullo sfondo di cornioli in fiore e piogge di meteoriti. Bible conosce bene la regione della Bible belt, con i suoi segreti familiari, le tempeste estive, le rigide griglie sociali attraverso le quali il sesso scorre come l’acqua di un lago. Lo attirano le conseguenze della ribellione. I capitoli di gran lunga più avvincenti sono narrati da Iggy stesso nel 2006, mentre attende l’esecuzione nel braccio della morte, scrivendo un libro di memorie che fa da retroscena: “Ho fatto cose orribili. Una volta ho investito mia madre, ho distrutto l’auto di uno sconosciuto e ho rubato tremila dollari a mio padre per comprare della droga”. Era andato alla deriva verso l’alcol e l’erba, formando un ménage à trois con la sua ragazza dai capelli tinti, Cleo, e il suo ragazzo aspirante ballerino, Paul. Bible cattura magnificamente la svogliatezza di questi outsider alla ricerca di un senso in un luogo dove c’è poco da fare se non guidare all’impazzata lungo strade secondarie, fumare canne e rimorchiare. I battisti portano Iggy in un campo di riabilitazione, dove è costretto a pentirsi dei suoi vizi e a raccogliere fondi per i viaggi missionari, ma tutto questo non fa che accendere il suo progetto di autoimmolazione. L’ultima cosa bella sulla faccia della terra è una breve meditazione sulla vita che scavalca i confini tra giusto e sbagliato: le vere colpevoli potrebbero essere le persone sul pulpito e sulle panche.
Hamilton Cain, The New York Times
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Questo articolo è uscito sul numero 1530 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati