Alcuni possono tranquillamente scrivere, registrare e pubblicare della musica, ma Jenny Hval è diversa da loro, perché per lei è una necessità. Con un album pubblicato ogni anno dal 2011, ormai ha un archivio tale da lasciare intendere che se non fosse così prolifica esploderebbe. Håvard Volden, suo compagno nel progetto Lost Girls, è simile a lei e il loro secondo lavoro insieme è un’altra scatola di pop sperimentale. Selvutsletter è un mix invitante di avanguardia e dance orecchiabile. Nelle cadenze spettrali di Hval convergono gli echi di straordinarie sperimentatrici come Björk, Laurie Anderson e Kate Bush, ma l’apporto di Volden non è meno indispensabile: usa i sintetizzatori come fossero chitarre, creando paesaggi sonori densi e atipici, tra Steve ­Reich e Brian Eno. I due si compensano l’una con l’altro, andando oltre la piacevolezza radiofonica di Classic objects e avvicinandosi al vampiresco Blood bitch, due album di Hval del 2022 e del 2016. Selvutsletter è un disco che invita a fermarsi e perdersi al suo interno. Il mondo ci sembrerà diverso quando riemergeremo.
Hayden Merrick,
Loud and Quiet

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Questo articolo è uscito sul numero 1537 di Internazionale, a pagina 110. Compra questo numero | Abbonati