Di solito i pianisti usano l’incandescente Vers la flamme di Skrjabin come gran finale. Severin von Eckardstein lo sceglie come apertura, gettando subito le carte in tavola con un’esecuzione feroce. La seconda tappa del disco è una trascrizione firmata dal pianista stesso del poema sinfonico di Richard Strauss Tod und verklärung, straordinariamente idiomatica ed efficace. Poi si passa a Olivier Messiaen ed è uno shock, anche per il fervore lisztiano del suo Regard de l’église d’amour, l’ultimo pezzo di Vingt regards sur l’enfant Jésus, qui molto lontano dai colori sfumati a cui siamo abituati. A questo punto il pianista tedesco improvvisa un convincente falso Messiaen che si trasforma in un falso Strauss e gradualmente si trasforma in un falso Beethoven, prima di passare al Beethoven vero. Eckardstein presenta una lettura concisa e concentrata del primo movimento della sonata op. 111. La sua potente mano sinistra dà una forte spina dorsale ritmica alle variazioni del secondo movimento e i suoi trilli fanno venire in mente, invece della consueta nebbia eterea, uno squillo di tromba, un po’ come la controversa registrazione di Arturo Benedetti Michelangeli. È la chiusura di un’esperienza d’ascolto molto coinvolgente.
Jed Distler, ClassicsToday
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Questo articolo è uscito sul numero 1545 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati