Dopo aver prodotto dischi per Michael Head e Brooke Bentham, Bill Ryder-Jones è tornato al centro dell’attenzione per le sue canzoni. Non succedeva da tempo. Il suo quinto album solista, intitolato Iechyd da, che significa “alla salute” in gallese, è il migliore che ha fatto. È ricco e pieno di chitarre aggraziate, pianoforti precisi e toni sommessi. “È il disco che ho prodotto di più”, ammette. “Non ero così orgoglioso di un album da A bad wind blows in my heart del 2013”. Ci sono archi, campionamenti, bambini che cantano e perfino il collega trovatore Mick Head che legge l’Ulisse di James Joyce sopra le onde subacquee alla Ennio Morricone di …And the sea…, lo strumentale di metà album La gloriosa If tomorrow starts without me è il tipo di guitar pop in cui fratelli gallesi di Ryder-Jones come gli Euros Childs e Sweet Baboo sono specializzati, mentre l’epopea di This can’t go on ricorda i Mercury Rev. I hold something in my hand fa tornare alla mente i suoi giorni con i Coral. C’è un’atmosfera attuale e senza tempo in questi brani e sembra che qualcosa di maestoso si stia muovendo a West Kirby. Alla salute, davvero.
Alan O’Hare, The Skinny
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Questo articolo è uscito sul numero 1546 di Internazionale, a pagina 85. Compra questo numero | Abbonati