Gran parte della storia dell’impero ottomano ha il sapore di una telenovela. Nel cinquecento, per esempio, il sultano Solimano il Magnifico uccise tutti gli uomini che considerava rivali, compresi due figli, due cognati e un buon numero di nipoti. Una vera famiglia problematica. Di recente un’ondata di serie tv drammatiche turche ha travolto il mercato globale, a cominciare da Il secolo magnifico, proprio sulla vita di Solimano, trasmessa per la prima volta nel 2011. Ma con il moltiplicarsi di questi prodotti Solimano deve condividere il trono con altri. La più recente è Gaddar (Nessuna pietà), la storia di un soldato costretto a diventare un sicario per proteggere la sua famiglia. Attualmente la Turchia è il terzo paese esportatore di serie tv al mondo, dopo gli Stati Uniti e il Regno Unito. Secondo la società di analisi Parrot analytics, tra il 2020 e il 2023 la richiesta globale di serie turche è aumentata del 184 per cento, contro il 73 per cento per le serie coreane.
Oltre che in Medio Oriente, le serie turche sono popolari anche in Europa e in America Latina. L’anno scorso i primi tre paesi importatori sono stati Spagna, Arabia Saudita ed Egitto, e si stima che nel 2022 le esportazioni televisive turche abbiano generato guadagni per 600 milioni di dollari. Alcuni analisti prevedono che le vendite raggiungeranno presto cifre intorno al miliardo di dollari. Cosa rende queste serie così appassionanti? Per prima cosa sono esteticamente gradevoli, con scenografie affascinanti, costumi sfarzosi e interpreti attraenti. Quasi tutte raccontano storie d’amore. Özlem Özsümbül, responsabile delle vendite della casa di distribuzione Madd entertainment, sottolinea che la fantascienza ha poco spazio in Turchia. Anche nei drammi storici e in quelli giudiziari c’è sempre una buona dose di romanticismo. Nel 2023 _Yargı _(Segreti di famiglia), la storia di due avvocati rivali che finiscono per innamorarsi, ha vinto l’Emmy award come miglior serie internazionale.
Niente baci
Il pubblico arabo apprezza soprattutto il fatto che le serie turche presentino i musulmani come eroi, sfuggendo ai cliché hollywoodiani che spesso li riducono a terroristi o, nel migliore dei casi, tassisti. Inoltre seguono i dettami del pudore diffusi nel mondo arabo.
Le autorità turche nascondono le etichette delle bevande alcoliche, proibiscono le scene di sesso e multano le produzioni che mostrano baci tra i personaggi. La censura costringe gli autori a trovare soluzioni creative, che a volte possono ottenere il risultato opposto, esaltando la tensione sessuale. Sguardi carichi di desiderio e dita che si sfiorano sostituiscono le gratuite scene di sesso diffuse altrove. Secondo l’azienda di analisi Glance, nella prima metà del 2023 le tre serie più popolari in Spagna erano tutte turche. Gli spagnoli e i latinoamericani apprezzano la sdolcinatezza e le trame infinite, elementi distintivi delle telenovelas ma anche delle serie turche. Inoltre il pubblico ispanofono è conquistato dalla ricchezza delle produzioni. In confronto le _novelas _latinoamericane “sembrano scadenti”, sottolinea un distributore.
E non è solo il pubblico ad apprezzarle. In Turchia gli episodi vanno in onda una volta alla settimana ma possono durare anche tre ore. Negli altri paesi gli stessi episodi sono spezzettati. In questo modo i dirigenti delle tv possono spalmare le serie su centinaia di episodi. Il distributore Izzet Pinto sottolinea che le serie coreane, per quanto ottime, durano di solito tredici ore. Quelle turche, invece, possono arrivare a duecento.
Nemmeno la lingua sembra un problema insormontabile. Se ha senso doppiare le serie in spagnolo, perché un’unica versione va bene per la Spagna e gran parte dell’America Latina, per le lingue meno diffuse, come il polacco o il greco, le emittenti ripiegano su soluzioni più economiche, come i sottotitoli. C’è anche chi cerca d’imparare un po’ di turco per poter guardare le serie senza dover aspettare la versione doppiata, spiega Yasemin Çelikkol, della Northwestern university del Qatar. Alcuni fan sfegatati si fanno addirittura carico del doppiaggio all’interno delle loro comunità online.
Tutto questo ha contribuito a rafforzare l’immagine della Turchia, soprattutto nelle aree che un tempo facevano parte dell’impero ottomano. Çelikkol è cresciuta in Bulgaria e da bambina sentiva dire che i turchi erano “malvagi, selvaggi e sanguinari”. Le serie turche l’hanno aiutata a cambiare la propria percezione. Un tempo i bulgari trascorrevano le vacanze principalmente in Grecia, spiega, mentre ora non disdegnano la Turchia.
Uno spettatore esigente
Nel 2012 il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan aveva criticato Il secolo magnifico perché dedicava troppa attenzione agli intrighi di palazzo e troppo poca alle conquiste di Solimano. Dopo il suo intervento un’emittente di stato ha prodotto il dramma storico Diriliş: Ertuğrul (Resurrezione: Ertugrul), incentrato su un guerriero del duecento.
Secondo Parrot analytics, a maggio del 2020, in piena pandemia, la serie è stata la quarta più vista sulle piattaforme a livello globale. Nello stesso anno il primo ministro pachistano Imran Khan ha elogiato la serie per i suoi “valori islamici”, e a Lahore è stata eretta una statua di Ertugrul. La versione in urdu del primo episodio ha avuto 153 milioni di visualizzazioni su YouTube.
Le piattaforme di streaming producono titoli sempre più audaci, che sorprendono per le “libertà” che si prendono. Kulup _(Il club), prodotta da Netflix, segue un ex carcerato che cerca di riallacciare i rapporti con la figlia e racconta i _pogrom _contro le minoranze nella Istanbul degli anni cinquanta, un tema molto delicato sul piano politico. Certo, le serie prodotte dalle piattaforme tendono a essere più brevi. Finora sono stati trasmessi appena venti episodi di _Kulup, contro i 139 del Secolo magnifico. In Bihter, un film prodotto da Amazon in cui una donna tradisce il marito anziano e violento, sono presenti addirittura scene di sesso e di nudo.
Una maggiore tolleranza potrebbe permettere alle serie turche di raggiungere il pubblico anglofono, poco incline a doppiaggi e sottotitoli. A differenza della Spagna e della Corea del Sud, la Turchia non ha ancora ottenuto un grande successo sul mercato britannico e statunitense. Kara para aşk (Amore e denaro nero), per esempio, non è mai stato particolarmente amato negli Stati Uniti, nonostante lo abbiano apprezzato Barbra Streisand e Lionel Messi. Ma il mondo è grande, e le serie turche non hanno bisogno di conquistare il Regno Unito e gli Stati Uniti. D’altronde nemmeno Solimano, l’uomo che aggiunse all’impero ottomano parti del Nordafrica e dell’Europa, si spinse così lontano. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1554 di Internazionale, a pagina 76. Compra questo numero | Abbonati