Julia Holter vanta ormai una bella lista di album poetici e sofisticati da ogni punto di vista e quest’ultimo sembra il più avventuroso di tutti. In Something in the room she moves niente è sicuro, il racconto è incoerente e la fantasia dell’ascoltatore può scatenarsi. È un lavoro in cui gli strati si contrappongono, nello stile caratteristico della cantautrice statunitense. Qui non ci sono canzoni classiche, ma brevi suite, spesso cariche di riverberi che creano atmosfere in cui tutto può succedere. Tuttavia ci sono abbastanza elementi che impediscono a un disco di questo tipo di essere troppo difficile. Fedele a uno spirito avanguardistico, negli anni Holter ha sempre reso le sue invenzioni accessibili. In fondo il brano più audace è Meyou, fatto solo di vocalizzi. Il tema portante è la trasformazione: i suoni mutano, le parole sono connesse in maniera fluida ma non lineare. È difficile non restare incantati mentre Holter ci mostra il suo mondo interiore e il suo processo creativo. Un album da assaporare lentamente nei mesi a venire.
Mark Kidel, The Arts Desk
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Questo articolo è uscito sul numero 1556 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati