La sera del 5 aprile la polizia ecuadoriana ha fatto irruzione nell’ambasciata messicana a Quito e ha prelevato con la forza l’ex vicepresidente ecuadoriano Jorge Glas, che viveva nella sede diplomatica del Messico dal dicembre 2023 e poche ore prima dell’arresto aveva chiesto e ottenuto asilo politico. Il sito ecuadoriano indipendente Gk scrive che “dopo il raid il governo messicano ha annunciato la rottura delle relazioni diplomatiche tra i due paesi e il ricorso alla Corte internazionale di giustizia, il principale tribunale delle Nazioni Unite. Glas era stato vicepresidente dell’Ecuador da maggio del 2013 a gennaio del 2018, durante il governo dell’ex leader socialista Rafael Correa. Poi aveva passato cinque anni in carcere, fino al novembre 2022, in seguito a una condanna per corruzione. Ma dalla fine del 2023 è nuovamente indagato, questa volta per appropriazione indebita di fondi pubblici. Glas si dichiara un ‘perseguitato politico’”. Il 9 aprile è stato portato in ospedale e il suo avvocato ha detto che “è in pericolo”. Le relazioni bilaterali erano già tese prima che la polizia ecuadoriana entrasse con la forza nell’ambasciata del Messico. Il 3 aprile il presidente di centrosinistra Andrés Manuel López Obrador aveva detto che la vittoria di Daniel Noboa in Ecuador alle elezioni dell’ottobre 2023 era stata possibile solo perché il candidato Fernando Villavicencio era stato ucciso alla vigilia del voto. Secondo il quotidiano messicano La Jornada, “l’assalto dell’ambasciata a Quito, ordinato dal presidente Noboa, è una violazione inammissibile della convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 1961. L’inviolabilità delle sedi diplomatiche è il più alto principio di ogni relazione internazionale. Neanche il generale cileno Augusto Pinochet o la giunta militare argentina osarono invadere l’ambasciata messicana quando diede rifugio a centinaia di persone in fuga dal terrorismo di stato”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1558 di Internazionale, a pagina 29. Compra questo numero | Abbonati