Dall’inizio della sessione in corso del parlamento giapponese, tre mesi fa, una questione su tutte ha dominato il dibattito: lo scandalo finanziario che ha coinvolto il Partito liberaldemocratico (Pld), al governo. Alla fine del 2023 i pubblici ministeri hanno avviato un’indagine sulle correnti del Pld che non avevano dichiarato tutti i fondi raccolti, evadendo così le tasse. Diverse persone legate al Pld, tra cui contabili e parlamentari, sono state formalmente accusate. A dicembre sono stati rimossi quattro ministri e cinque viceministri. Il 4 aprile il capo del governo Fumio Kishida ha chiesto a due esponenti di primo piano del suo partito di dimettersi e ne ha puniti altri 37.
La cosa forse sorprendente è che all’origine dello scandalo c’è lo Shimbun Akahata (Giornale bandiera rossa), il quotidiano del Partito comunista giapponese (Jcp). Un giornale di nicchia che oggi è letto da 850mila abbonati, in calo rispetto ai 3,5 milioni del 1980. È stato Akahata il primo a occuparsi delle discrepanze nei finanziamenti del 2022. “Non mi aspettavo tanto clamore”, dice Kamiyu Sasagawa, il giornalista di 33 anni autore dello scoop. Sasagawa ha esaminato i documenti governativi e collaborato con Hiroshi Kamiwaki, un docente di legge dell’università Gakuin di Kobe, che ha presentato la denuncia al pubblico ministero.
Non è la prima volta che Akahata supera le sue aspettative. Nel 2013 aveva indagato sulle cosiddette burakku kigyō (aziende nere), facendo luce sulla diffusione di ambienti di lavoro in cui si sfruttavano i lavoratori e spingendo il governo a introdurre leggi più severe. Nel 2019 aveva denunciato i politici che pagavano cene per i loro sostenitori durante la festa annuale per la fioritura dei ciliegi. Shinzō Abe, che all’epoca era primo ministro e che nel 2022 è stato ucciso durante un comizio elettorale, era stato interrogato per l’indagine. Pur non essendo mai stato formalmente accusato, lo scandalo avrebbe perseguitato Abe fino alle sue dimissioni nell’agosto 2020. Akahata si occupa di questioni “che tutti gli altri hanno paura di affrontare”, dice Nick Kapur della Rutgers university, negli Stati Uniti.
La storia tumultuosa del giornale alimenta la sua “strenua volontà di opporsi al potere”, dichiara il direttore Yōji Kogiso. Akahata fu fondato nel 1928, sei anni dopo la nascita del Partito comunista giapponese. Il regime militarista di Tokyo aveva messo al bando il partito, considerato sovversivo. Il giornale era stampato e diffuso in clandestinità, la polizia arrestava e torturava chi lo leggeva. Dopo la seconda guerra mondiale, le forze di occupazione americane legalizzarono il Jcp, che si dichiarava a favore della democrazia e della libertà di espressione.
Un punto di vista diverso
Il successo di Akahata, però, rivela una scomoda verità: i mezzi d’informazione tradizionali continuano a essere molto potenti in Giappone. Lo Yomiuri Shimbun e l’Asahi Shimbun, i due principali quotidiani nazionali giapponesi, vantano tra le maggiori tirature al mondo, rispettivamente 6,8 e 4 milioni di copie al giorno. Spesso, però, questi giornali non chiedono conto ai politici del loro operato. L’autocensura è diffusa, perché i giornalisti sviluppano legami stretti con le autorità e cercano di non turbare i gruppi ultranazionalisti, che secondo le stime della polizia contano decine di migliaia di affiliati. Questi gruppi possono agire come una forza intimidatoria nel dibattito pubblico.
Secondo Reporter senza frontiere, nella classifica della libertà di stampa il Giappone è passato dall’undicesimo posto del 2010 al 68° del 2023. Akahata in genere costruisce le sue inchieste basandosi su informazioni pubbliche, tra cui rapporti governativi e post sui social network. Nel caso dello scandalo dei fiori di ciliegio, i giornalisti partecipavano ogni anno al banchetto organizzato da Abe. Eppure non si sono resi conto che forse in questo modo il primo ministro stava violando le regole sul finanziamento ai partiti. “Di solito i grandi mezzi d’informazione sanno già quello che sappiamo noi”, dice Kogiso. “Noi abbiamo solo un punto di vista diverso”. ◆ gim
◆ Lo scandalo sui finanziamenti in nero raccolti dalle correnti interne al Partito liberaldemocratico (Pld) ha dato un duro colpo alla fiducia dei cittadini nei confronti del primo ministro Fumio Kishida, che è corso ai ripari punendo i colpevoli. In questi giorni il Pld presenterà una proposta di modifica della legge sui finanziamenti ai partiti, rendendoli più trasparenti. Jiji Press
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Questo articolo è uscito sul numero 1560 di Internazionale, a pagina 33. Compra questo numero | Abbonati