Il 5 maggio, due giorni dopo la giornata mondiale per la libertà di stampa, il governo israeliano ha deciso all’unanimità di mettere a tacere la rete televisiva qatariota Al Jazeera in nome della sicurezza nazionale. La decisione ha interrotto (per un periodo rinnovabile di 45 giorni) la diffusione nel paese dei programmi della rete, che il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha definito “terrorista”. I suoi uffici sono stati chiusi e le attrezzature sono state confiscate.

Pratiche simili sono tipiche dei regimi autoritari che non tollerano le voci dissidenti. Gli attacchi contro il diritto di informare si moltiplicano. Il 3 maggio, pubblicando la sua classifica sulla libertà di stampa, Reporters sans frontières ha sottolineato che più del 50 per cento della popolazione mondiale vive in paesi “dove esercitare il mestiere del giornalista significa rischiare la vita o la libertà”. Cinque dei dieci stati più popolosi del pianeta si trovano in questa situazione, soprattutto nei periodi elettorali.

Il giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovich è detenuto in Russia da più di un anno in attesa di un processo, con un’inconsistente accusa di spionaggio. A Hong Kong, territorio ormai sottoposto al controllo cinese, Jimmy Lai, capo del gruppo editoriale di opposizione Next Media, rischia una condanna all’ergastolo alla fine di un processo-farsa. Il 1 maggio Pen America, un’organizzazione che difende la libertà di espressione, ha sottolineato che nel 2023 per la prima volta il numero di scrittori in carcere in Cina ha superato i cento.

Il fatto che una democrazia come Israele partecipi a questo assalto contro il diritto d’informare è allarmante. Le autorità dello stato ebraico non hanno mai nascosto la loro ostilità nei confronti della linea editoriale apertamente filopalestinese di Al Jazeera, ma finora l’avevano tollerata. La decisione del 5 maggio costituisce un precedente pericoloso. La Casa Bianca e l’Unione europea avevano definito “preoccupante” la legge che ha aperto la strada al divieto, approvata con una maggioranza schiacciante dalla knesset, il parlamento israeliano, il 1 aprile. Tuttavia le riserve erano state espresse in modo troppo blando per avere effetto.

Gli Stati Uniti e l’Europa non hanno protestato neanche contro il divieto di accedere a Gaza imposto da Israele alla stampa straniera dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre; questa chiusura ermetica ha reso il lavoro dei giornalisti di Al Jazeera ancora più prezioso. E hanno reagito con la stessa laconicità al massacro di giornalisti palestinesi a Gaza, a cui il 2 maggio è stato assegnato il premio mondiale per la libertà di stampa dell’Unesco. Dopo il 7 ottobre, più di cento reporter sono stati uccisi dai bombardamenti dell’esercito israeliano, compresi alcuni di Al Jazeera. È una perdita devastante per la società palestinese, che l’occidente sostiene di avere a cuore. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1562 di Internazionale, a pagina 15. Compra questo numero | Abbonati