Niente è semplice nei film di Nuri Bilge Ceylan, che non smette di esaminare la società turca come fosse un gigante malato e disilluso. Continuando il lavoro sull’uomo e il paesaggio, il regista squaderna un dramma a bassa intensità. Fa freddo nell’animo umano, come fa freddo in questo inverno senza fine in cui si trascina Samet, insegnante che sogna Istanbul e vive da libero pensatore in un covo di conservatori che disprezza. Gli unici sorrisi sono riservati a un’allieva, che finirà per denunciare i comportamenti inappropriati del maestro, subendo poi la sua ira sadica. E poi c’è Nuray, una bella idealista che ha perso una gamba in un incidente e che diventa l’oggetto del desiderio di Samet e del suo coinquilino, amico e collega. È lei, in particolare a lasciare il segno più profondo. Il film diventa un ring dove si scontrano due visioni del mondo: il grossolano cinismo di Samet e la voglia di agire di Nuray.
Sandra Onana, Libération
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Questo articolo è uscito sul numero 1568 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati