Teemu Nikki, regista e sceneggiatore di La morte è un problema dei vivi, vede situazioni umoristiche dove ad altre persone si rizzerebbero i capelli in testa. Ed è quindi molto probabile che il suo nuovo film a qualcuno faccia proprio quell’effetto. Del resto si parla della morte e della vita che le ruota intorno. Le peripezie di Risto (Pekka Strang), che guida un carro funebre e soffre di ludopatia, e del suo vicino Arto (Jari Virman), che lavora in un asilo e ha scoperto di “non avere cervello”, non fanno ridere per forza e anzi, in alcuni momenti, diventano strazianti. Ma è proprio in questi contrasti che risiede la genialità del film. I tentativi dei due protagonisti di uscire dalle sabbie mobili non possono non sorprendere. E proprio in mezzo all’orrore ci troviamo a sghignazzare, magari vergognandocene. Comunque La morte è un problema dei vivi non è solo un film “di sceneggiatura”, ma è anche un film “di attori”. Virman è calorosamente adorabile. Quanto a Strang è decisamente agghiacciante ma non si può fare a meno di preoccuparsi per lui.
Jouni Vikman, Episodi

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Questo articolo è uscito sul numero 1570 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati