I raid aerei israeliani sul campo profughi di Al Mawasi, nel sud della Striscia di Gaza, hanno ucciso almeno novanta persone e ne hanno ferite altre trecento, hanno riferito i funzionari sanitari palestinesi. Secondo i testimoni, nell’attacco che il 13 luglio ha colpito la “zona sicura” indicata da Israele, situata a ovest di Khan Yunis, sono stati impiegati aerei da combattimento e droni.
I funzionari israeliani hanno dichiarato che l’attacco aveva come bersaglio due leader dell’ala militare di Hamas, sostenendo che si nascondevano tra i civili. Hamas ha smentito questa ricostruzione, affermando che si tratta solo di un modo per coprire “l’orrendo massacro” compiuto in un’area dove i palestinesi sfollati erano stati invitati a rifugiarsi dopo aver ricevuto l’ordine di abbandonare la loro casa in altre parti della Striscia.
Gli aerei da guerra israeliani hanno colpito le tende in cui abitavano e una struttura per la depurazione dell’acqua, in un’area che ospita circa 80mila persone. Il giornalista di Al Jazeera Tareq Abu Azzoum, che si trova a Deir el Balah, ha riferito che sono state sganciate “cinque bombe e cinque missili”.
Gli sfollati hanno raccontato che le tende sono state abbattute dalle esplosioni e di aver visto cadaveri e resti umani sparsi in terra. “Non riuscivo neanche a capire dove mi trovavo o cosa stava succedendo”, ha detto all’agenzia di stampa Reuters Sheikh Youssef, un abitante della città di Gaza, sfollato nell’area di Al Mawasi. “Sono uscito dalla tenda e mi sono guardato intorno. Tutte le altre erano state spazzate via, c’erano donne anziane scagliate a terra, bambini piccoli fatti a pezzi”.
I feriti sono stati trasportati all’ospedale Nasser di Khan Yunis, dove mancano il personale e le apparecchiature essenziali. I soccorritori riferiscono di essere stati attaccati dall’esercito israeliano. Mentre le squadre della protezione civile erano ancora impegnate nelle operazioni di ricerca e soccorso sul luogo dell’attacco, un funzionario dell’ospedale ha dichiarato che la struttura non era più in grado di ricevere altri feriti. Mohammad Subeh, un medico di pronto soccorso che lavora in uno degli ospedali da campo vicino Al Mawasi, ha raccontato che i soccorritori hanno dovuto “scavare nel terreno per estrarre le persone”.
L’area di Al Mawasi è stata ripetutamente colpita dall’esercito israeliano. Alla fine di maggio un altro attacco contro le tende delle famiglie sfollate aveva ucciso almeno ventuno persone.
Dichiarazioni opposte
L’esercito israeliano in un comunicato ha dichiarato di aver agito sulla base di “precise informazioni d’intelligence” per colpire un’area in cui si nascondevano tra i civili “due importanti terroristi di Hamas” e altri combattenti. Ha descritto il luogo dell’attacco come “un’area aperta circondata da alberi, diversi edifici e capannoni”. I bersagli dell’attacco erano Rafa’a Salameh, comandante della brigata Khan Yunis di Hamas, e Mohammed Deif, capo dell’ala militare di Hamas, entrambi ritenuti responsabili di aver organizzato l’attacco compiuto da Hamas nel sud di Israele il 7 ottobre 2023.
Parlando dalla sede del ministero della difesa a Tel Aviv, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che “non c’è la certezza assoluta” che i comandanti di Hamas siano stati uccisi nell’attacco, ma ha ribadito che l’operazione è stata comunque vantaggiosa per Israele: “Anche il semplice tentativo di uccidere dei capi di Hamas serve a mandare un messaggio al mondo, per dire che i giorni dell’organizzazione sono contati”. Netanyahu ha spiegato di aver approvato l’attacco dopo aver ricevuto informazioni soddisfacenti sui danni collaterali e sul tipo di munizioni usate. E ha aggiunto che “in un modo o nell’altro” l’esercito israeliano ucciderà tutti i leader del gruppo palestinese.
Hamdah Salhut, inviato di Al Jazeera ad Amman, in Giordania, osserva che l’argomento degli attacchi precisi e mirati è stato ripetutamente usato come giustificazione per colpire i civili in aree densamente popolate di Gaza.
Khalil al Hayya, vicecapo di Hamas a Gaza, ha dichiarato che la notizia dell’uccisione dei leader di Hamas era falsa. “Mohammad Deif ti sta ascoltando in questo momento e si fa beffe delle tue dichiarazioni false e vuote”, ha detto rivolgendosi a Netanyahu. In precedenza Hamas aveva invitato su Telegram tutti i palestinesi della Cisgiordania occupata e di Gerusalemme Est a “mobilitarsi” in risposta all’attacco. In una nota il gruppo armato Jihad islamica ha dichiarato che Israele sta “continuando la guerra di sterminio contro il nostro popolo”, aggiungendo che “questo crimine conferma come l’occupante israeliano ignori tutte le norme e i trattati internazionali”.
Il primo ministro palestinese Mohammad Mustafa ha dichiarato che le azioni di Israele mirano a colpire il progetto palestinese nel suo complesso e rientrano nell’obiettivo di Tel Aviv di impedire la creazione di uno stato palestinese. Secondo Hanan Ashrawi, studiosa e attivista, l’attacco contro Al Mawasi ha “trasformato tutta Gaza in un’enorme zona di morte”. In un post su X ha scritto: “Le bombe e i proiettili forniti dagli Stati Uniti piovono su Gaza mentre il governo di Israele e le sue bande criminali continuano a impedire a qualsiasi forma di forniture mediche, beni alimentari o carburante di raggiungere la popolazione”.
Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nel territorio palestinese occupato, ha detto ad Al Jazeera che questi attacchi potrebbero aver violato il diritto internazionale: “Le persone che si trovano in un’area sicura sono protette dal diritto internazionale. Se un obiettivo militare si trova in una zona sicura l’azione dev’essere proporzionale al vantaggio militare previsto. Uccidere settanta persone per colpirne una non è proporzionale”. Albanese ha aggiunto: “Sono disgustata dalla tolleranza nei confronti dell’impunità israeliana che sta rendendo possibile questa guerra genocida”.
In un rapporto pubblicato a marzo l’esperta aveva affermato che ci sono “ragionevoli motivi” per ritenere che “Israele stia commettendo un genocidio nella Striscia di Gaza”. ◆ fdl
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Questo articolo è uscito sul numero 1572 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati