Dopo l’esperienza hollywoodiana e il flop di Morbius, sembra quasi che il regista svedese di origini cilene Daniel Espinosa abbia voluto fare penitenza, o comunque tornare al genere di cinema che l’aveva rivelato, in cui riusciva a trovare tracce di umanità in personaggi moralmente compromessi. In questo caso si tratta di un dramma tragico e teso sui migranti che sfrutta benissimo il talento grezzo e feroce della sua protagonista, Meninet Abraha Teferi. Interpreta una donna eritrea, una criminale che gestiva il traffico di esseri umani dalla Libia all’Europa. Ora, fuggitiva tra i migranti, è bloccata insieme ai compagni di una traversata pericolosa che ha contribuito a organizzare. Vorrebbe sparire e invece si trova sempre più invischiata con le autorità italiane. Non è un film politicamente impegnato. Ma Espinosa, affidandosi a elementi da thriller e a uno sviluppo della trama piuttosto convenzionale (come potrebbe accadere in un film di Paul Schrader), riesce a fare luce sulla complessità della questione migratoria.
Peter Debruge, Variety

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Questo articolo è uscito sul numero 1572 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati