L’esplosione di violenza in varie università, legata alle proteste per la riforma delle quote nel pubblico impiego è preoccupante.

La prima ministra Sheik Hasina il 14 luglio aveva detto che, finché fossero rimaste pacifiche, le manifestazioni potevano continuare. Ma poi in modo piuttosto inquietante Obaidul Quader, il segretario generale del suo partito, ha detto che la Bangladesh chhatra league (Bcl) avrebbe dato agli studenti “una risposta adeguata”: è un chiaro invito alla violenza, di cui abbiamo già visto esempi in passato.

Nella notte del 14 luglio centinaia di studenti sono scesi in strada per protestare contro le parole offensive usate da Hasina e il giorno dopo i giovani della Blc sono piombati su di loro con spranghe di ferro, bastoni e altre armi, causando quasi cento feriti. Condanniamo fermamente questa violenza. Viene spontaneo chiedersi perché Quader voglia reprimere il malcontento dei cittadini invece di affrontarlo con il dialogo, e perché abbia chiamato la Blc invece della polizia.

La questione delle quote è complessa: in molti paesi sistemi simili esistono per aiutare i gruppi svantaggiati. Anche in Bangladesh era così ma poi si è trasformato in una contrapposizione tra forze favorevoli e contrarie all’indipendenza dal Pakistan. È un classico esempio di un problema serio gestito in modo completamente sbagliato.

Il governo avrebbe potuto evitare i recenti sviluppi ascoltando già nel 2018 le richieste legittime di riforma del sistema, invece di ignorarle del tutto. All’epoca non considerò quelle proteste, portando il paese a questo sfacelo. Altrettanto spiacevole è il fatto che, come nel 2018, la Bcl sia stata usata per fare pestaggi contro gli studenti, le cui preoccupazioni sono state gettate dalla finestra con disprezzo.

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Questo articolo è uscito sul numero 1572 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati