I nuovi rodenticidi sono efficaci nel controllo delle popolazioni di topi e di ratti, ma possono diventare un grave problema ambientale. Si tratta di sostanze anticoagulanti che provocano la morte dei roditori dopo alcuni giorni. Questo permette di separare il momento dell’ingerimento dell’esca da quello della morte, riducendo la diffidenza dei roditori verso i nuovi cibi. Gli anticoagulanti possono quindi rimanere a lungo nei tessuti degli animali morti. “Secondo alcuni test, i veleni di seconda generazione possono rimanere nel fegato dei ratti per quasi un anno”, scrive Science. Gli animali predatori o spazzini che si nutrono dei roditori avvelenati possono accumulare le sostanze nei loro tessuti. In Italia, per esempio, su 186 lupi morti esaminati tra il 2018 e il 2022, il 62 per cento mostrava tracce di almeno un rodenticida. A New York su 65 uccelli rapaci morti trovati tra il 2018 e il 2023 il 77 per cento conteneva residui di queste sostanze. La presenza del veleno non implica necessariamente che questo abbia causato la morte dell’animale, anche se potrebbe averlo reso più vulnerabile. Sono quindi allo studio metodi più ecologici per il controllo dei roditori. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1572 di Internazionale, a pagina 97. Compra questo numero | Abbonati