Il fondatore dell’app di messaggistica Telegram – molto usata anche dal governo francese e strumento di comunicazione di diverse figure pub­­bliche in tempo di guerra – è stato arrestato il 24 agosto all’aeroporto di Le Bourget, vicino a Parigi, mentre scendeva da un aereo proveniente da Baku, in Azerbaigian. Nei confronti di Pavel Durov era stato spiccato un mandato di cattura dall’ufficio per la lotta contro le violenze sui minori, in un’inchiesta per numerose infrazioni, che vanno dalla truffa al traffico di stupefacenti, dalla criminalità organizzata al ciberbullismo fino all’apologia di terrorismo.

La piattaforma Telegram, i cui gruppi di discussione possono accogliere fino a duecentomila persone, è stata accusata di far proliferare le notizie false e i contenuti offensivi, di stampo neonazista, complottistico o terroristico oppure legati alla pedofilia. Il 25 agosto Durov è comparso davanti a un magistrato francese.

Se Telegram è una piattaforma molto nota, il profilo del suo fondatore lo è decisamente meno. Questo miliardario di 39 anni, nato nell’ottobre 1984 a San Pietroburgo – allora Unione Sovietica, oggi Russia – è stato naturalizzato francese nel 2021 con il nome di Paul du Rove “grazie a una procedura eccezionale e di carattere chiaramente politico”, hanno ricordato i giornalisti di Le Monde: cioè attraverso la cosiddetta procedura dello “straniero emerito”. Secondo Le Monde, tuttavia, non esiste alcuna traccia pubblica di qualche sua azione che avrebbe contribuito a promuovere l’immagine della Francia. Durov vive dal 2017 a Dubai – dove si trova la sede di Telegram – e ha anche la nazionalità degli Emirati Arabi Uniti, oltre a un passaporto del paradiso fiscale di Saint Kitts e Nevis, nei Caraibi.

Dopo gli studi a San Pietroburgo, a ventidue anni Durov ha creato VKontakte (VK), l’equivalente russo di Facebook. Comprato dalla Gazprom, un’azienda molto vicina al Cremlino, il social network è poi passato sotto il controllo del governo ed è stato cancellato dall’App store della Apple. L’informatico si definisce comunque un oppositore di Putin: in effetti, nonostante le richieste delle autorità russe, ha più volte rifiutato di chiudere account sgraditi al Cremlino, come quello del dissidente Aleksej Navalnyj, e di comunicare le coordinate degli attivisti ucraini.

Verso il miliardo

Nel 2014, per la pressione del regime di Mosca, Durov ha consegnato il suo passaporto russo, ha abbandonato la direzione di VK e ha lasciato il paese. Un anno prima, nel 2013, aveva fondato con il fratello Nikolaj il sistema di messaggistica Telegram: un’app cifrata e gratuita, concorrente di WhatsApp e di Signal, che è diventata un’alternativa alle piattaforme statunitensi, criticate per lo sfruttamento commerciale dei dati personali.

Ad aprile, in una delle sue rare interviste, Durov ha detto a Tucker Carlson, ex giornalista di Fox News con simpatie filorusse e complottiste, di aver avuto l’idea di lanciare Telegram dopo i tentativi d’interferenza del governo russo. Nella stessa occasione si è definito un libertario e un difensore della privacy. Politicamente Durov è una figura singolare. All’università, mentre era impegnato a scrivere codici, amava ascoltare i discorsi dei suoi oratori preferiti, Martin Luther King, Malcolm X o Mussolini, ha rivelato la rivista francese XXI in un’inchiesta pubblicata nel 2019. È cresciuto in una famiglia di intellettuali: è figlio della giornalista Albina Aleksandrovna e del famoso latinista Valerij Semënovič Durov, autore di biografie di Giulio Cesare e di Nerone. Quest’ultimo, in particolare, sembra aver esercitato un certo fascino su Durov. Alquanto megalomane, indossa solo abiti neri. “Pavel ha sempre voluto farsi notare e ama manipolare le persone. Voleva fare grandi cose, avere un seguito”, ha raccontato Ilija Perekopskij, uno dei fondatori di VK, a XXI.

Con più di novecento milioni di utenti in tutto il mondo, Telegram è stato un successo. La piattaforma, che punta a superare il miliardo di utenti mensili attivi entro un anno, si vanta di non censurare nulla. E proprio per questo è usata da narcotrafficanti e terroristi. Per fare un esempio, è stato attraverso Telegram che hanno annunciato il loro progetto omicida, si sono coordinati e hanno fatto propaganda i jihadisti responsabili dell’attentato di Saint-Étienne-du-Rouvray (dove nel 2016 fu ucciso un sacerdote cattolico).

In soccorso di Durov è arrivato anche Elon Musk. In diversi messaggi postati sul social network X il miliardario sudafricano ha chiesto la sua liberazione, riprendendo un estratto dell’intervista concessa a Tucker Carlson in cui l’informatico franco-russo spiega che X si batte per la libertà di espressione: “Quello che X cerca di fare è innovare dando potere ai creatori di contenuti […]. Penso che abbiamo bisogno di più imprese del genere. Non so se sia un bene per l’umanità che Elon [Musk] passi tanto tempo su Twitter per migliorarla, ma è certamente un bene per l’industria dei social media”.

Con un patrimonio stimato in quindici miliardi di dollari, Durov afferma di non possedere beni costosi e spiega di non consumare alcol, caffeina, farmaci, carne, latticini o glutine. Una vita ascetica, che però non gli impedisce di viaggiare su jet privati. E di finire arrestato dalla polizia francese sulla pista di un aeroporto dopo un lungo viaggio. ◆ adr

Da sapere

◆ L’app Telegram combina un servizio di scambio di messaggi con un sistema di gruppi di discussione aperti. Con 900 milioni di utenti, è un peso massimo tra i social network, anche se rimane molto indietro rispetto a WhatsApp (tre miliardi di utenti). Il dato nasconde forti disparità geografiche: onnipresente in Russia, Ucraina e nei paesi dell’ex Unione Sovietica, l’app è meno usata in Europa occidentale e nel resto del mondo. Questa debolezza è però anche un vantaggio: con 41 milioni di utenti in Europa, l’app non raggiunge la soglia dei 45 milioni, che la costringerebbe a rispettare specifici obblighi di moderazione, esponendola anche a possibili sanzioni in base al regolamento europeo sui servizi digitali. Telegram si vanta di “non censurare mai” i suoi utenti, collabora poco con le richieste giudiziarie e si presenta come baluardo della libertà d’espressione. Investendo in tecnologie che impediscono il blocco del servizio da parte delle autorità, è diventata uno strumento di comunicazione molto usato in paesi autoritari come l’Iran e la Russia. L’app rifiuta anche di collaborare con le forze dell’ordine dei paesi democratici, esclusi i casi – sostiene – di pedocriminalità e terrorismo. Da una decina d’anni la polizia e i ministeri degli interni di molti paesi si lamentano del “buco nero” rappresentato da Telegram. Le Monde


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Questo articolo è uscito sul numero 1578 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati