Che sia il chitarrista dei Wednesday o il collaboratore dei Waxahatchee, MJ Lenderman ama le collaborazioni. Quindi è un po’ sorprendente che in questo terzo album da solista suoni disgustato dagli altri al punto da voler stare solo per sempre. “Non ho mai veramente lasciato la mia stanza /Sono stato sveglio fino a tardi con Guitar Hero”, proclama nella traccia di chiusura, Bark at the moon. In effetti Manning fireworks è un affare solitario: Lenderman ha registrato la maggior parte dell’album per conto suo, con l’aiuto di qualche amico. Non si può biasimarlo per il fatto che si gode la loro compagnia, se l’alternativa è passare il tempo con gli ubriaconi, gli sporcaccioni e i perdenti che popolano queste canzoni. La traccia di apertura, un valzer country sgangherato, parla del tipo di feccia che si lancia in invettive bibliche mentre scommette sulle corse dei cavalli e molesta le donne. She’s leaving you è il ritratto di un uomo che dice di essere stato a Las Vegas solo perché gli piacciono le luci (sua moglie non sembra crederci). In Rudolph Lenderman immagina Saetta McQueen, il personaggio della Pixar, ubriaco fradicio mentre investe l’omonima renna. Ma c’è abbastanza sarcasmo nella sua voce che, se non si riesce a provare simpatia per gli alienati di cui canta, almeno si ride. Lo stile da chitarrista di Lenderman non è appariscente, ma punta sul sentimento. Se Manning fireworks è il risultato di notti passate a giocare a Guitar Hero, allora speriamo che Lenderman non lasci mai la sua stanza.
Jeremy Winograd, The Skinny

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Questo articolo è uscito sul numero 1579 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati