La prima parte della carriera dei Tindersticks potrebbe sembrare un’occasione persa per conquistare un pubblico più ampio. Anche se nel 1997 Curtains era addirittura entrato nella top 20, la band è rimasta amata dalla critica, ma più seguita nell’Europa continentale che a casa sua, nel Regno Unito: erano troppo crepuscolari e idiosincratici. Questo andamento però è servito per la seconda parte della loro carriera, ricominciata nel 2008. Tornando sulle scene non hanno mai cercato di somigliare a ciò che erano stati ma hanno continuato per la loro strada sfornando dischi eccezionali. Se Distractions, del 2021, abbondava in synth, campionamenti e rumore, il nuovo Soft tissue è un’altra cosa. È un lavoro sommesso: sembra concepito nelle prime ore del mattino, in penombra, ma trasmette un calore avvolgente, radicato nel soul degli anni settanta. Le atmosfere diventano però anche lugubri, a fare da sfondo a un amore per le piccole cose come antidoto agli spettri del ventunesimo secolo. Il suono dell’album riflette questo spirito, regalandoci dettagli piacevoli e discreti. La band londinese esiste in un mondo tutto suo, distante dalla mode del momento: è difficile trovare qualcuno con cui confrontarla, ma era così già trent’anni fa.
Alexis Petridis, The Guardian

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Questo articolo è uscito sul numero 1581 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati