Nilüfer Yanya è sempre stata una cantautrice intrigante. Nel suo album di debutto, Miss Universe, le canzoni erano collegate tra loro da note vocali ispirate a Black mirror. Nel seguito, Painless, Yanya attingeva a influenze più estreme (come le t.A.T.u.) e le fondeva con l’oscurità dei Nirvana e il post-punk dei Bloc Party. Il suo terzo album, My method actor, distilla ancora una volta la creatività dell’artista londinese con ritmi incalzanti, riff di chitarra nervosi, sferzate di grunge e melodie vocali ascendenti che accompagnano testi meditativi. Il pop euforico degli esordi un po’ manca, ma queste canzoni sembrano scritte con una messa a fuoco maniacale e ogni parte strumentale ha uno scopo. A volte le scelte sono troppo ponderate (la sonnolenta Made out of memory potrebbe essere meglio), ma nella maggior parte dei casi vince la pura forza della scrittura. In realtà ci sono anche dei momenti orecchiabili, come il breve e dolce pezzo d’apertura Keep on dancing e la sfacciata Like I say (I runaway). Quest’ultima è una riflessione sull’inevitabile passaggio del tempo, con Yanya che canta: “Nel momento in cui non ho il controllo mi sto lacerando dentro”. Call it love, invece, è una riflessione sulle complicate dinamiche delle relazioni umane. My method actor racconta le sofferenze crescenti dopo i vent’anni, ed è una raccolta di brani spontanei e innovativi che rafforzano la reputazione di Nilüfer Yanya come cantautrice.
Hannah Mylrea, Nme

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Questo articolo è uscito sul numero 1582 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati