Fin dalla prima scena, in cui Jasmine (Marilena Amato) si fa leggere la fortuna da una cartomante, s’instaura un’atmosfera da cinema-verità, suggerendo che gli attori sono non professionisti e che forse non tutte le scene sono interamente sceneggiate. Si crea così una corrente drammatica capace di dare profondità e sfumature alla storia relativamente semplice di una donna testarda decisa ad adottare a tutti i costi la figlia femmina che non ha mai avuto. Ambientato nelle strade polverose della tentacolare Torre Annunziata, Vittoria è una pentola a pressione emotiva liberata da un finale molto commovente.
Lee Marshall, Screen International
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Questo articolo è uscito sul numero 1583 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati